Altre città mi attendono
LA PAROLA
Fattosi giorno, essendo uscito, egli andò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano e lo raggiunsero, e volevano trattenerlo perché non andasse lontano da loro. Ma egli disse loro: “Anche alle altre città è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio, per questo sono stato mandato”. E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea (Lc 4,42-44).
C’è una scena di Jesus Christ Superstar, famoso musical degli anni’70, che possiede una forte drammaticità visiva. La gente cerca spasmodicamente Gesù per strappagli un miracolo, un gesto spettacolare. E lui fugge, solo, verso le montagne rocciose della Palestina. Ma neppure lì è in salvo. Le pietre cominciano a muoversi, a rotolare verso di lui. Sono dei lebbrosi che avevano trovato un rifugio in quegli anfratti solitari. In un crescendo assordante gridano il loro dolore e sbucano sempre più numerosi dalle grotte di cui è piena la montagna. Un esercito di disperati l’accerchia per rubargli uno sguardo, per toccargli le mani che si tendono, quasi impotenti, ad arginare quel fiume di tormenti. E ne viene sommerso, divorato letteralmente da quel mucchio di poveri Cristi.
Anche la folla che descrive Luca sembra voler imprigionare Gesù nei confini dei suoi bisogni, facendone un taumaturgo a propria disposizione. A volte, anche il dolore rende egoisti e idolatri. Dio diventa un amuleto, un portafortuna, magari abbellito da qualche pietra preziosa. Ma non basta sconfiggere una malattia, bisogna vincere il male che si annida, con i suoi mille volti, in ogni angolo del cuore e del mondo. Lì vuole giungere Gesù. È venuto per questo, è venuto per tutti. Non è proprietà privata ed esclusiva di un gruppo, di una comunità, fosse anche la più santa e pura. Ci sono sempre “altre città” che l’attendono. C’è sempre un “oltre il mare di Galilea” che non può essere ridotto a semplice distanza geografica, a un muoversi senza sosta da un luogo all’altro.
“È necessario che annunci la buona notizia del Regno di Dio anche alle altre città”, dice Gesù. Devo, è assolutamente necessario... non è un capriccio, né una fatalità. Ne va di mezzo il senso della sua esistenza e anche della nostra. Ciò che porta è una notizia di bene, di vita, per tutti. Dopo secoli di disobbiedienza del popolo eletto, dopo la morte violenta dei profeti e l’umiliazione di non essere neanche più padroni di un fazzoletto di terra promessa. Gesù non fa la morale a nessuno, né mette in chiaro regole e precetti con relativi premi e castighi. Del resto, si era accorto che, a colpi di legge, nessuno era diventato buono.
Nonostante tutto, Dio è rimasto ottimista. Ha una cosa bella da dire a chiunque voglia ascoltarla: vuole ancora bene all’uomo e desidera “mettere su” casa con lui. Basta che gli apra la porta. Non importa chi tu sia, cosa tu abbia fatto, la tua classe sociale o religione. Ogni giorno puoi ricominciare da capo. C’è speranza per tutti. E noi, uomini e donne della chiesa, dovremmo ricordarci più spesso: se non portiamo buone notizie, annunci che ridestano la voglia di vivere e di fare un po’ di bene, forse sarebbe meglio stare zitti.