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La comunità di Vamaro è stata la prima casa di formazione per aspiranti saveriani in Congo RD. Si è iniziato nel 1982 con tre novizi, due dei quali sono missionari a tutti gli effetti. Dal 1990, ospitiamo i tre anni di studi filosofici. Quest’anno i nostri giovani sono 23.

pu Sanfelice comunità di VamaroLa casa di Vamaro, man mano s’ingrandiva, trovandosi in pieno centro città, è diventata anche un punto di riferimento per il popolo cristiano di Bukavu, molto numeroso e fervente. I fedeli, che si univano ai nostri studenti per l’Eucaristia quotidiana e per l’adorazione settimanale, diventavano sempre più numerosi. Nel 2018, si è progettato e realizzato l’ampliamento della cappella. Ma, dopo averla triplicata, i ‘nostri fedeli’ costretti a restar fuori sono forse il doppio di quelli che trovano posto all’interno.

Che cosa sembra attirare la gente? Probabilmente quel “Fare del mondo una sola famiglia” che San Guido Maria Conforti ha presentato nella sua Lettera Testamento, al primo numero, come “presagio di Cristo” e obiettivo della Missione. Forse anche il nome “la cappella dei martiri” contribuisce ad attirare tanta gente. Vi sono venerati i martiri saveriani del 1964: p. Vittorio Faccin, p. Luigi Carrara, p. Giovanni Didoné, l’abbé Albert Joubert e, insieme con loro, il vescovo di Bukavu mons. Christophe Munzihirwa, ucciso nella guerra di invasione dello Zaire nel 1996. Insomma Casa-Vamaro è diventata un Centro di animazione missionaria per la città di Bukavu. Tra i fedeli, infatti, tanti sono entrati nel gruppo dei Laici Saveriani. Noi li abbiamo organizzato a quattro livelli.

Gli amici. Più di un centinaio, collegati in whatsapp, hanno utili scambi di idee e notizie. Collaborano a qualche iniziativa concreta di azione missionaria, come la missione al carcere di Kabare. 
I formandi. Sono una quarantina. Per loro teniamo ritiri che si alternano mensilmente agli incontri organizzativi. Due o tre sessioni annuali di quattro o cinque fine-settimana arricchiscono la loro formazione biblica, liturgica, storica e pastorale. Tre giorni di Esercizi Spirituali annuali danno il tono cristiano-missionario a tutto l’anno di formazione.
Gli agenti in patria. Come gruppo, sono impegnati solo per la missione al carcere di Kabare, dove riusciamo a recarci solo ogni due mesi.
Gli agenti all’estero. Per ora, nessuno è pronto, ma, tra i nostri giovani, si può già immaginare qualcuno da inviare in qualche missione del Mozambico.
La domenica delle Palme nella Cappella dei Martiri è stata l’unica liturgia della settimana santa celebrata lì.
Per le liturgie del Triduo Pasquale, anche i nostri studenti si sono recati in Cattedrale che è la nostra parrocchia. Lo spirito ecclesiale, infatti, è una dimensione fondamentale della missione.
Nella liturgia delle Palme non c’è stato niente di speciale se non la vivacità e il gran numero di fedeli dentro e fuori la Cappella.

La celebrazione del Giovedì Santo con i carcerati di Kabare è stata programmata dai Laici Saveriani con più di un mese di anticipo, perché la lavanda dei piedi, che doveva essere un momento forte della nostra missione, presentava anche aspetti critici. Il direttore del carcere ha accettato la proposta senza porre nessuna obiezione, neanche sull’eventuale pericolo Covid. Noi, però, abbiamo previsto tutte le precauzioni consigliate in questo periodo di pandemia, benché qui non sia affatto così preoccupante come in Europa. Abbiamo anche tenuto presente che i detrattori della Chiesa, qualche mese fa, avevano accusato falsamente il cappellano delle prigioni di Bukavu di intossicazione alimentare. Sarebbero stati pronti ad accusare anche noi, inventando qualche caso di Covid nel carcere. Ecco le precauzioni: dodici paia di guanti per chi avrebbe lavato i piedi, in più dodici bacinelle e dodici asciugamani che ognuno dei ‘lavandi’ avrebbe poi tenuto con sé.

Ed ecco il nucleo della missione. Le persone rivestite di autorità nei confronti dei carcerati avrebbero lavato i piedi a due dei dodici detenuti scelti per questa liturgia. Avrei cominciato io, presbitero, come presidente dell’assemblea liturgica. Al posto del direttore, abbiamo trovato il suo vice. Un medico laico-saveriano è stato scelto, anche perché è urgente programmare in questo carcere un’azione forte di disinfestazione dalla scabbia. Proprio a lui è toccato di lavare i piedi a un detenuto che presentava segni di scabbia. Gli altri tre ‘lavandai’ sono stati presi tra i carcerati stessi, poiché in Congo, l’interno del carcere costituisce una ‘vera repubblica’. Il C.G. (Chef Général, in kiswahili KAPITA) ne è il presidente e con i suoi ministri comanda più del direttore, anzi spadroneggia sui suoi compagni carcerati, fino a estorsioni e pene fisiche... Lui e il suo vice hanno lavato i piedi ad altri quattro carcerati. Due donne erano state preparate per la lavanda. E a lavar loro i piedi è stata la responsabile delle donne.

Con voce chiara, forte e solenne, ho riletto le parole di Gesù: “Avete capito?... Gesù, vero sommo Signore, Lui il più intelligente tra i maestri, lava i piedi, si mette al servizio, serve fino a dare la vita sulla Croce. Dunque, chiunque non sia in grado di servire e, al contrario, maltratta gli altri e li sfrutta non è intelligente e non è degno di essere chiamato capo!”.
Evidentemente, in futuro il richiamo a questa liturgia del Giovedì Santo sarà frequente. Già in passato una delle parole programmatiche era: “Siete compagni di sventura nella sofferenza comune del carcere: non aumentate le vostre pene con divisioni, dispute e violenze anche tra voi!”.

L’attività dei laici-saveriani nel carcere è ancora in via di organizzazione, affinché possa abbracciare anche il settore giudiziario (molti sono lì senza vera colpa!) e il settore accoglienza/formazione all’uscita nel mondo congolese che non solo cambia, ma si deteriora sempre più nel suo tessuto socio-politico.



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