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Pietro Rossini è un saveriano originario di Salerno. Dopo aver concluso gli studi teologici nella comunità internazionale di Parma, ha emesso la sua professione perpetua il 5 novembre 2019. Ora, si trova negli Stati Uniti per un master in giornalismo presso la Boston University. Fa parte del media team dei missionari saveriani (MissioNet), chiamato ad evangelizzare il “sesto continente”, quello digitale. Qui, però, ci parla di un altro aspetto della sua attività.

È mezzogiorno. Eppure, ci sono 10 gradi sotto zero. Siamo a febbraio e siamo a Boston, negli Stati Uniti. Bob, un uomo nei suoi quaranta, fuma una sigaretta, senza guanti, con le mani che mostrano segni evidenti del gelo. Bob fuma vicino alla “sua panchina”, come lui ama chiamarla, per cercare di riscaldarsi. Questo accade davanti al meraviglioso porto di Boston, mentre la vita trascorre normale.

Bob non è lì per passare il tempo, come i turisti in attesa del prossimo autobus, e non va neanche di fretta come altri cittadini che migrano da una parte all’altra della città per lavoro. La panchina di Bob, al freddo e al gelo, davanti al porto, e sotto imponenti grattacieli, è la sua casa.
Quando ho incontrato Bob, non parlavo molto bene l’inglese, ma la sua panchina - con sopra un vecchio sacco a pelo e piena di oggetti di sopravvivenza - mi ha messo in contatto con una realtà che non mi sarei mai aspettato di incontrare in un paese sviluppato come gli Stati Uniti.

Come è possibile che ci siano persone costrette a dormire in strada in un paese così ricco e tecnologicamente avanzato? Come è possibile che ci siano persone costrette a dormire al gelo, sia che piova o che nevichi? Come è possibile che questo avvenga in una delle più importanti democrazie del mondo? Bob è stato solo il primo di tanti senzatetto che sto incontrando da quando sono arrivato negli USA, a gennaio del 2020, proprio prima dello scoppio della pandemia.

Negli Stati Uniti, secondo l’agenzia endhomelessness.org, ci sono 567.715 persone che vivono senza una casa. Il 37.2% non ha nessun alloggio, mentre il 62.8% è accolto nei rifugi di emergenza dove è possibile entrare solo di notte (i dati sono del 2020).
Quando abbiamo incontrato questa triste realtà come missionari Saveriani, ci siamo chiesti che cosa avremmo potuto fare. Innanzitutto, abbiamo iniziato a metterci in rete con altre organizzazioni che già lavorano con i senzatetto: la Comunità di Sant’Egidio di Boston e i fratelli Cappuccini in particolare.

Ogni settimana, con la Comunità di Sant’Egidio, insieme alle famiglie che ne fanno parte, distribuiamo zuppe calde, biscotti e pane ai senzatetto di Waltham (nella periferia di Boston). Dopo aver incontrato i nostri amici sotto un gazebo comunale, visitiamo anche i rifugi lasciando le zuppe avanzate per gli ospiti che vi passeranno la notte.
I Cappuccini da circa un anno, invece, vanno in giro per la città ad incontrare i senzatetto. Con loro distribuiamo caffè e cioccolata calda (e limonata in estate!), insieme con cappelli, guanti e scaldamani per il freddo (in inverno). L’obiettivo è quello di aiutare queste persone nei loro bisogni di prima necessità, ma anche creare occasione per l’incontro e ascoltare le loro storie.

Anche noi saveriani abbiamo iniziato, dall’anno scorso, insieme ad alcune persone che frequentano il nostro Santuario, a raccogliere indumenti per l’inverno e ad incontrare i nostri amici in strada ogni settimana.
In particolare, Susan è una volontaria che ha avuto per anni sua figlia tossicodipendente. Questa sua esperienza personale, la porta a farsi vicina specialmente a questi fratelli e sorelle che sono vittime della trappola di abusi di droghe e/o alcol.

Susan, infatti, distribuisce numeri di telefono utili per iniziare il processo di disintossicazione. Parla loro con un atteggiamento materno. E con alcuni riesce anche a farli chiamare. In questi mesi abbiamo incontrato centinaia di senzatetto ed ognuno di loro porta con sé una storia unica. L’incontro con questi fratelli e sorelle ci aiuta ad uscire dai nostri freddi stereotipi. A volte, anche più freddi del gelo che loro sono costretti a vivere sulla loro pelle.

Forse sorprenderà sapere, per esempio, che la maggior parte di loro lavora e che tra di loro ci sono anche studenti universitari. Ma, nonostante abbiano un lavoro, non hanno soldi sufficienti per pagare un affitto.
Infatti, a Boston l’affitto di un monolocale con letto singolo costa dai 1.000 fino a 2.200 dollari al mese. E lo stipendio minimo in Massachusetts, lo stato di Boston, è di 13,75 dollari l’ora. Inoltre, molti senzatetto che ho incontrato lavorano senza un contratto ben definito oppure part-time, il che rende la loro situazione ancora più complicata.

“Non dovrebbero esistere persone che dormono in strada”, dice sempre Annamarie, una delle volontarie. “La nostra società è il problema, non loro!”.



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