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Contro la morte, noi chiedevamo vita. Contro il silenzio, esigevamo la parola ed il rispetto. Contro l’oblio, la memoria. Contro l’umiliazione e il disprezzo, la dignità. Contro l’oppressione, la ribellione. Contro la schiavitù, la libertà. Contro l’imposizione, la democrazia. Contro il crimine, la giustizia.

Chi con un po’ di umanità nelle vene potrebbe o può contestare queste richieste? Ed in quei momento molti ascoltarono.

Ha ragione il subcomandante Marcos. Gli studenti di Niamey sono in sciopero per mancanza di esistenza. Nascosti nel campus universitario in attesa di essere liquidati dal sistema di soppressione globale. Ha ragione da vendere perché se ha scelto di scomparire è solo per tornare. Tra la selva Lacandona del Chiapas e la savana del Niger c’è un ponte in comune. Lo attraversa  la povertà che offende chi la perpetua. Lui si era coperto il volto col passamontagna. A Niamey alcuni volti di donna  sono coperti dal velo nero della tradizione. Altri sono nascosti per scappare dalla polvere durante l’Harmattan. I più sono volti superflui e traditi dalla cronaca. Da allora in pochi hanno imparato ad ascoltare. Forse più di qualcuno penserà che sbagliammo nella scelta, che un esercito non può né deve impegnarsi per la pace. Per molte ragioni, certo, ma la principale era ed è perché con una scelta diversa avremmo finito per sparire. Forse è vero.

Forse abbiamo sbagliato a scegliere di coltivare la vita invece di adorare la morte. Ma noi abbiamo scelto senza ascoltare quelli di fuori.

Non ascoltando quelli che chiedono ed esigono sempre la lotta fino alla morte, quando i morti però li mettono gli altri. Abbiamo scelto la ribellione, cioè, la vita. Questo non vuol dire che non sapessimo che la guerra dall’alto avrebbe cercato e cerca di imporre di nuovo il suo dominio su di noi. Sapevamo e sappiamo che avremmo sempre dovuto difendere ciò che siamo e come siamo. Sapevamo e sappiamo che continuerà ad esserci la morte affinché ci sia la vita. Sapevamo e sappiamo che per vivere, moriamo. Ha ragione il subcomandante Marcos. Ci sono stati vari studenti sepolti  nelle variegate prigioni del paese.

Decine di arresti anche nelle fila dell’opposizione. Cittadini comuni diventati d’improvviso nemici dello stato. Hanno vietato le manifestazioni a Niamey col pretesto di armi in città. L’arma più efficace è la menzogna che custodisce l’ingiustizia del potere dominante. E nessuno si è sognato di vietarla per ora. Il contratto ormai scaduto per l’estrazione dell’uranio con Areva è stato rinnovato. Non si rinnova invece l’unica strada che collega le città del nord tra loro. Si tratta di una strada inquinata come le falde acquifere e le tonnellate di materiale radiottivo mai trattato. La morte si sconta vivendo. Molte albe mi sono trovato io stesso a cercare di assimilare le storie che mi raccontavano, i mondi che disegnavano con silenzi, mani e sguardi, la loro insistenza nell’indicare qualcosa più in là.

Quel mondo così altro, così lontano, così alieno, era un sogno?

A volte pensavo che erano troppo avanti, che le parole che ci guidavano e guidano venivano da tempi per i quali non c’erano ancora calendari adeguati, persi com’erano in geografie imprecise: il sud degno sempre onnipresente in tutti i punti cardinali. Poi mi sono accorto che non mi parlavano di un mondo inesatto e, pertanto, improbabile. Quel mondo procedeva già col suo passo. Voi non l’avete visto? Non lo vedete? Ha ragione il subcomandante Marcos. Sono arrivati stamattina da lontano come parole  in ritardo. Volevano solo attraversare il mare che si allontana. Due borse scure e anni cuciti assieme dal desiderio di un mondo altro. Per Fofana e Bakari la Costa d’Avorio torna ad essere una terra promessa. Anche i passeri tornano sul ramo dopo aver viaggiato lontano. In centinaia ieri hanno assaltato la rete che sfida la dignità. Fili spinati che crescono e si spostano a seconda delle politiche. Le reti dei mondiali in Brasile e quelle metalliche di Melilla. Passa in Europa la metà dei migranti e impresta all’ Africa l’altra metà. Sarà per la prossima volta. Prince e sua moglie Hawa cercano casa a Niamey dopo aver visto l’altro mondo. Saluti e che il rumore ci aiuti a incontrare il silenzio e che il silenzio ci aiuti a incontrare il cammino e il cammino aiuti ad incontrarci. Ha ragione il subcomandante Marcos.

Bisognerà pure tornare ad incontrarsi un giorno su una di queste strade. Quelle che hanno come direzione un silenzio e come destinazione un’abbraccio di perdono.

  • MAURO ARMANINO.
  • Niamey, giugno 2014.


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