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PROVERBI AFRICANI. 26.IL SILENZIO

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Se la chiacchiera non è molto apprezzata dall’etica africana, il riserbo cioè il silenzio è una qualità raccomandata. Il silenzio è segno di una grande saggezza, L’uomo silenzioso sa ascoltare. Impara più del chiacchierone.

Sa mantenere il segreto. Ispira più fiducia. Sa evitare le dispute e i conflitti.

La morale tradizionale vanta il silenzio, pur riconoscendo che potrebbe anche nascondere la debolezza dell’uomo. Qualcuno potrebbe aggiungere che le acque chete, cioè chi rimane in silenzio, a volte, è più pericoloso di chi parla. Oppure chi fa silenzio, ma lavora nell’ombra.

C’è qualcun altro che dice che se uno parla troppo, o vuole farsi conoscere da tutti oppure maschera con le chiacchiere il vuoto interiore. Oggi poi è difficile fare silenzio. Non solo in discoteca, ma ci isola con le cuffie per sentire la propria musica. Diciamo che si silenzia il mondo esteriore, perché forse non interessa o si ha paura di affrontare gli altri. S

i dice che non si ha niente da dire o forse si ha paura di dire qualcosa per la reazione dell’altro, allora si pensa ai propri affari, perché devo andare a cercare dei problemi quando è meglio starmene “a crogiolare nel mio brodo”?

Ma, per ora, lasciamo perdere questa considerazioni ”moderne” e torniamo ai nostri proverbi.

Partiamo dai Dan della Liberia che dicono “Una lingua viene stimolata da un’altra” (il silenzio elimina le occasioni di conflitto). Per questo basta seguire un qualsiasi dibattito televisivo, in cui tutti si parlano addosso e sopra l’altro, non ci si ascolta, non si segue le parole dell’altro e quindi non si capisce. A volte un po’ di silenzio farebbe bene, perché ascoltando, forse, si riesce a capire quale è il pensiero dell’altro. Ed è quello che, a loro modo, dicono i Tutsi del Rwanda “Parlerò domani” è il figlio di “ho protetto le mie mucche” (è meglio il silenzio di fronte a certe situazioni dove la discussione creerebbe enormi danni).

La parola, quando è uscita dalla bocca, non si sa mai dove va a finire.

Un po’ di tempo fa si diceva di contare fino a dieci prima di parla o di bere un bicchiere d’acqua, cioè aspettare un attimo, riflettere prima di intervenire e per questo il silenzio aiuta. Ce lo ricordano gli Haoussa della Nigeria “Il silenzio è salvezza” (il silenzio risparmia l’uomo da tante difficoltà). Di fronte a certe situazioni pesanti il silenzio è la migliore risposta. Lo fece anche Gesù di fronte a Pilato che non potè continuare quello che stava dicendo.

Così dicono i Luo del Kenya “Quando una coppia ti insulta e non le rispondi, la distruggi”. E così pure, aggiungono i Tutsi del Rwanda “Il rimedio alla disputa è il silenzio”.

Però bisogna fare attenzione alle persone troppo silenziose, perché non si sa mai cosa pensano o cosa stanno preparando.

Nella lingua swahili troviamo altri proverbi. Ad esempio “Simba mwenda kimya; ndiye mla nyama” (il leone cammina in silenzio, ma è carnivoro). Un altro aggiunge “Kimya kingi kina mshindo mkuu” (un silenzio impressionante è più eloquente di un grande rumore). Questo lo si vedeva quando si partecipava ai funerali. Certo c’erano momenti in cui si cantava, ci si lamentava, si condivideva la tristezza. Ma in alcuni momenti c’era un silenzio impressionante in cui sembrava che tutto il mondo si fosse raccolto vicino al defunto, quasi un’unione tra il mondo terreno e quello degli antenati in sarebbe andato.

Infine il silenzio è anche la situazione in cui uno viene messo, perché abbandonato da tutti.

“Upeke ni uvundo” (essere abbandonato non è una buona cosa. Con chi parlerò?).



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