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E VENNE FINALMENTE IL GIORNO DEL PELLEGRINAGGIO

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Il 3 giugno 2019 è stata la realizzazione di un sogno, cullato per tre anni dai partecipanti al SUAM (che raggruppa i Missionari del NordEst).

Anche i sogni, prima o poi, diventano realtà. Basta non perdere la speranza.

E così, insieme ad alcuni amici del Cammino catecumenale, ci siamo ritrovati a Venezia, ai giardinetti di piazzale Roma per iniziare il pellegrinaggio sui luoghi dove Francesco Saverio e gli altri gesuiti hanno cominciato ad essere chiamati “gesuiti” (se qualcuno vi chiederà chi siete, disse loro Ignazio, direte che siete della Compagnia di Gesù. Ignazio già si trovava a Venezia, dove stava studiando. I suoi compagni lo raggiungeranno all’inizio di gennaio 1537 (dopo un viaggio di 54 giorni, a piedi, partendo da Parigi). Noi ne abbiamo impiegato di meno.

Così, lasciando piazzale Roma, siamo, ponte dopo ponte, arrivati in campo s. Margherita; visita veloce alla chiesa dei Carmini. Costeggiando la fondamenta (una breve sosta davanti al collegio armeno), siamo entrati in fondamenta san Sebastiano, dove il proprietario del palazzo Balbi-Mocenigo (di fronte al ponte della Maddalena e alla chiesa dell’Anzolo Raffaele) ci ha permesso di entrare e di salire al secondo piano. Qui, il 24 giugno 1537, il vescovo Negusanti (I Gesuiti in visita a papa Paolo III erano stati autorizzati a farsi ordinare da qualsiasi vescovo.

A Venezia c’era anche il nunzio Verallo) li ordinerà sacerdoti (erano in 6) nel saloncino dove lui era ospitato e che ora è stato ristrutturato. Veniva utilizzato la domenica come cappella. Dice la storia che il vescovo provò una grande gioia in questa ordinazione (i Gesuiti erano molto stimati a quel tempo, perché si dedicavano alla cura degli ammalati, sia agli Incurabili che all’ospedaletto).

Seguendo il nostro cammino, siamo sbucati nella fondamenta delle zattere e camminando sui masegni (dopo la dovuta pausa caffè e…), siamo arrivati davanti all’ospedale degli incurabili (in cui lavorò Francesco Saverio, dove fece il medesimo gesto di Francesco d’Assisi di fronte a un malato e dove, racconta lui, ebbe il sogno dell’indiano sulle spalle, futura meta del suo apostolato).

Poi ancora più avanti, scavalcando il ponte dell’Umiltà, abbiamo immaginato come doveva essere il primo insediamento dei Gesuiti dietro la basilica della Salute (che a quel tempo ancora non c’era), con il priorato della Trinità, la chiesetta dell’Umiltà e i locali della loro prima casa religiosa . Via fino a punta della Dogana per ritornare verso la Salute e salutare la Madonna e pregare insieme con lei per ciascuno di noi e per quelli con cui lavoriamo. L’ebbrezza del passaggio del Canal Grande sul traghetto è stata breve, ma entusiasmante.

Arrivando in piazza san Marco e poi nella visita alla Basilica i nostri occhi erano pieni di tanta bellezza, eredità di chi ci ha preceduto.

Finalmente un po’ di sosta per il pranzo. E poi via ancora, verso san Giovanni e Paolo, la chiesa dell’ospedale (san Lazzaro dei mendicanti). Lungo le fondamenta nove siamo arrivati alla chiesa dei Gesuiti e abbiamo pregato ancora il nostro santo che ci aiuti ad essere testimoni del Vangelo. Un saluto a Tintoretto nella chiesa della sua parrocchia a Madonna dell’Orto. Un passaggio al Ghetto e infine un saluto veloce a santa Lucia. Alle 16,57 siamo arrivati davanti alla stazione.

Qui si potrebbe dire “fine dei nostri servizi”…ma non è così. Noi continuiamo nel nostro servizio di annunciatori, testimoni e orgogliosi di aver conosciuto un po’ di più colui che è andato dappertutto, gridando a tutti il suo amore per Cristo e per i fratelli.



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