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Mons. Giorgio Biguzzi, vescovo saveriano emerito di Makeni (Sierra Leone), membro della Comunità saveriana di Brescia, è da due settimane (18 settembre) in Sud Sudan, dove si è recato per conto della Direzione generale dell’Istituto e rispondendo ad una richiesta della Conferenza episcopale locale, per verificare se sia possibile una presenza saveriana in quel paese.
  • Qui di seguito la sua prima “lettera” dal Sud Sudan.

Saluti:

Carissimi, saluti dal Sud Sudan dove mi trovo da due settimane. È ancora presto per capire qualcosa della situazione locale, apparentemente semplice, ma sorprendentemente complicata. Mi pare che il Sud Sudan sia una nazione in cerca di un’anima. Ha ottenuto l’indipendenza tre anni fa dopo anni di dura lotta contro il regime di Khartoum, che non ha risparmiato metodi violenti e coercizione pur di sottomettere, arabizzare e islamizzare le popolazioni del Sud. Durante la guerra sono stati commessi crimini e atrocità da ambo le parti. L’ostilità del Sud contro il regime del Nord è stata il collante che, con una serie di alleanze mutevoli, ha tenuto assieme i gruppi armati del Sud fino al referendum per l’indipendenza.

Dall’indipendenza alla coesistenza pacifica.

Il conflitto Nord Sud ha radici molto lontane. Il Sudan, infatti, è stata una creazione coloniale, pensata in termini geopolitici e commerciali della Gran Bretagna e dell’Egitto. Con la scoperta del petrolio nella parte Sud della nazione si sono acuite le divisioni anche su basi etniche e religiose: popolazioni arabe e musulmane del Nord contro popolazioni  animiste e cristiane sud sudanesi. L’ingiusta ripartizione delle ricchezze e la tentata islamizzazione forzata del Sud hanno scatenato una guerra violenta. Ottenuta l’indipendenza e finita l’euforia per la vittoria sono emerse divisioni interne radicate nei conflitti tribali in corso da secoli, e nella lotta per il potere e il controllo delle risorse. Alcuni gruppi etnici sono pastorizi, da sempre abituati a razzie di bestiame e sequestro di donne. Questi contrasti scoppiano facilmente in lotte armate, abilmente sfruttate da alcuni politici per il controllo delle risorse. Per questo c’è insicurezza in molte parti della nazione.

In cerca di un’anima per l’unità nazionale. 

La breve esperienza di concordia nazionale, esperimentata contro il nemico esterno, deve ora trovare un’anima per la coesione interna. I problemi da affrontare sono molti. Se ne è discusso all’incontro della Conferenza episcopale settimana scorsa. Questa è una lista parziale: anzitutto, mancanza di visione politica; militarismo diffuso (ci sono persone armate dappertutto con soldati e ufficiali poco addestrati e poco formati); paura (non c’è sicurezza, i diritti umani e personali spesso non sono garantiti); mancanza di unità fomentata da una politica all’insegna del “divide et impera”; ignoranza e mancanza di istruzione e formazione di base; povertà, mancanza di infrastrutture e servizi sociali, tasso di analfabetismo altissimo, ospedali totalmente inadeguati, poche scuole, strade quasi inesistenti al di fuori delle città; corruzione a vari livelli; monopolio politico di un partito.

Il ruolo delle Chiese cristiane.

Le Chiese possono diventare il motore della pace e dell’unità nazionale. Sono, infatti, sempre state vicino alla gente, anche durante il periodo di lotta per l’indipendenza. Sono state il motore degli aiuti umanitari e il faro di speranza per tutti. Vari vescovi, sacerdoti, catechisti hanno subito prigionie e maltrattamenti. La Chiesa cattolica è la più numerosa e gode di grande prestigio morale. Anche la settimana scorsa i vescovi cattolici al termine di un incontro della Conferenza episcopale hanno rilasciato un comunicato molto forte per la cessazione dei conflitti, la pace e l'unità nazionale. I vescovi sono preoccupati per la catechesi, l’evangelizzazione e la promozione umana. Il potenziale è enorme, anche se le strutture sono fragili e il personale limitato. Nella zona della capitale sono presenti varie congregazioni religiose e Ong, oltreché il personale Onu e dell’Ue. Alcune zone della nazione non si possono raggiungere per la mancanza di strade e comunicazioni. È in atto un processo di pace sostenuto anche da tutte le Chiese cristiane. I rapporti ecumenici sono ottimi.

Per la pace e la riconciliazione si prevedono tempi lunghi. Il percorso è iniziato. “Non lasciamoci rubare la speranza” (Papa Francesco).

  • GIORGIO BIGUZZI.
  • Giuba, 4 ottobre 2014.


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