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Salmo 15: Missione, pellegrinaggio di giustizia e pace

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COME PELLEGRINI AL MONTE DI DIO

Sul monte l’essere umano sale, mentre su di esso discende Dio. È il luogo dal quale Dio proclama la sua legge di libertà tramite Mosè; là Elia si rifugia per trovare la forza di continuare la sua missione in una società refrattaria al suo annuncio. Al monte di Dio sono attese per il futuro tutte le nazioni, quando infine deporranno tutti gli strumenti di guerra e si riconcilieranno alla scuola del Re della pace (cfr. Is 2,1-5).

Anche oggi molti monti sono meta di pellegrinaggio e ciò non avviene solo nel contesto delle religioni ebraica e cristiana. Circondate da secolarismo e modernità, tecnologia ed elettronica, mobilità e rapidità dei trasporti, esplorazione dello spazio e nuovi media in espansione, le persone sono alla ricerca di un immutabile e stabile radicamento nella terra. Più l’umanità si muove velocemente, e più ha bisogno di avere un fondamento.

I luoghi di pellegrinaggio sembrano rispondere a questa profonda necessità antropologica dell’anima umana di essere legata alla madre terra. Le persone vanno in pellegrinaggio cercando e sperando di trovare ciò che il loro mondo quotidiano non è stato in grado di offrire loro. Il rituale e il mistero del pellegrinaggio sono così persistenti in tutta la storia umana, indipendentemente dai cambiamenti e dai progressi fatti dalle civiltà, che sembrano quasi radicati negli stessi geni biologici che costituiscono la nostra umanità!

I pellegrini, tuttavia, non appartengono alla categoria delle persone semplicemente in viaggio, poiché il pellegrinaggio ha un proprio centro verso il quale persone e gruppi si sentono attratti. Esso dipende dalle due dimensioni fondamentali della nostra esistenza terrena, il tempo e lo spazio, per simboleggiare al contempo il desiderio del cuore umano e la presenza di Dio nel nostro mondo.

SOTTO LA LENTE DEI PROFETI E DI GESÙ

È tuttavia singolare che Gesù abbia avuto non poche riserve rispetto a quella che era la meta di tanti pellegrini ebrei del suo tempo (cfr. Gv 4,19-24: il dialogo tra Gesù e la samaritana), dato che egli stesso è presentato come uno che si reca in pellegrinaggio a Gerusalemme. Una lettura attenta delle parole di Gesù mostra, però, che egli non contesta questa pratica, bensì, in linea con tutta la tradizione profetica, insegna che non si può accedere al tempio se le relazioni sociali sono disgregate, se la propria vita non è modellata dalla relazione con il Dio che si intende onorare con i sacrifici.

Così, infatti, si esprime Dio tramite Isaia: Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco (1,11). E pure tramite Geremia afferma: Non confidate in parole menzognere ripetendo: “Questo è il tempio del Signore, il tempio del Signore, il tempio del Signore!”. Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre (7,4-7; cfr. Mi 6,6-8).

SEGUENDO GLI UNDICI COMPORTAMENTI

Questo sfondo profetico illustra bene la prospettiva del salmista che elenca ben undici comportamenti richiesti a colui che vuole conseguire la meta del suo pellegrinaggio al tempio. Sorprende non poco che le richieste non tocchino alcuni aspetti centrali della religiosità ebraica: l’adorazione dell’unico Dio e il rigetto degli idoli, il rispetto delle leggi di purità e la condotta sessuale appropriata. La stessa sorpresa, però, coglie anche il lettore del vangelo, quando è confrontato con la maestosa scena del giudizio finale in cui il Figlio dell’uomo si rivolge a ogni essere umano chiedendogli conto di come ha praticato durante la sua esistenza la solidarietà verso i suoi simili.

Era stato Gesù del resto a indicare fin dall’inizio della sua predicazione quale rapporto si debba intessere con il culto: Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono (Mt 5,23-24).

PER NON EVADERE DALLA REALTÀ

In questa linea si colloca anche l’orante del salmo con le sue richieste. Al primo posto egli colloca la distanza dal male, subito specificata come pratica della giustizia e dire la verità (v. 2).

La giustizia non è mai nella Bibbia una virtù astratta, ma la concreta imitazione dell’agire di Dio, il quale prende posizione a vantaggio degli oppressi e opera per sconfiggere ogni struttura o istituzione che opprima la creatura umana.

Dio, infatti, rivela il suo volto autentico nell’esodo dall’Egitto, quando risponde al grido del suo popolo umiliato e reso schiavo da un potere che pretende di disporre di chi non è in grado di far valere i propri diritti. Tra i doveri del credente vi è poi quello di rispettare e difendere la dignità di ogni persona, evitando la calunnia e l’insulto (v. 3). Troppo spesso la critica si risolve in denigrazione, così come non è raro trovare chi opera sulla base di pregiudizi che rischiano di creare fratture e divisioni insanabili, non solo tra individui, ma anche tra nazioni e religioni diverse.

La fedeltà agli impegni assunti, sia in pubblico che in privato (v. 4), è ribadita e si fonda sulla certezza che Dio non viene meno agli impegni presi con l’umanità e con i suoi fedeli; anche se spesso è Lui la vittima di chi si è dimostrato infedele, tutta la storia biblica mostra come Dio non ha mai dimenticato le sue promesse e i suoi solenni giuramenti, vincendo l’infedeltà umana con il perdono. In un mondo in cui la logica del profitto sembra diventare principio regolatore del diritto, si insiste con l’esortazione a donare con spirito libero (v. 5a), come già richiedeva la legge antica (cfr. Dt 15,7-8) e come efficacemente ha ribadito Gesù: Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle (Mt 5,42).

Tra le accuse ricorrenti nei profeti vi è quella contro la corruzione di giudici e dei funzionari: bustarelle e donativi (v. 5b) corrompono coloro che devono amministrare la giustizia. Il vero giudice, che è Dio, è invece imparziale nel giudizio. Il salmista chiude le sue indicazioni con lo stesso ammonimento che conclude il discorso del monte di Gesù: solo la piena corrispondenza alle esigenze divine consente di realizzare una vita bella e buona.

Attuando tale stile di vita, il credente diventa testimone di una relazione che mostra al mondo la grazia di poter accedere al monte di Dio, il quale non dimora lontano dalle sue creature e non chiede prestazioni da schiavi, ma sguardo di figli che si riconoscono fratelli di un’umanità incamminata verso quel monte che non è evasione dalla realtà, ma meta di ogni gesto che semina giustizia e pace.



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