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Quali chiese a vent’anni dal martirio di mons. Romero?

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Le indicazioni dei martiri di oggi alle chiese e alle religioni: essere solidali con i poveri e vivere una fede mai slegata dalla giustizia.

“Il martirio oggi sta in questo: fare la scelta di vivere con chi non ci riconosce e offrire riconciliazione e perdono”. (Pero Sudar)

Cristiani di varie chiese hanno celebrato l’accordo firmato tra cattolici e luterani. Lo scorso 24 novembre, a Brasilia, un coordinamento di vescovi cattolici, la direzione del Conic (Consiglio nazionale delle chiese cristiane), la presidenza della chiesa evangelica di confessione luterana in Brasile ed altri hanno sottoscritto la dichiarazione, in cui riconoscono di avere una sola fede: Dio ci salva per sua grazia. L’accordo, firmato a Colonia, è uscito sulle prime pagine dei giornali perché pone fine a cinque secoli di divisione e crea una maggiore vicinanza fra le religioni e una nuova relazione degli uomini con se stessi e con la natura.

Secondo l’americano Samuel P. Huntington, nel secolo XX, i conflitti fra i popoli hanno avuto cause socio-economiche e ideologiche. D’ora in avanti, le divisioni saranno prevalentemente di natura culturale e religiosa. “Le divergenze fra culture e l’intolleranza fra religioni determineranno la politica mondiale. I conflitti saranno provocati dalla frattura fra la cultura cristiana e l’islamica, fra l’indù e la musulmana. La prossima guerra mondiale sarà una guerra fra culture”.

La storia del cristianesimo è una lunga sequenza di conflitti a causa della confusione della fede con le sue espressioni culturali. Il cristianesimo ha gestito una società basata sulla cultura occidentale in abiti cristiani: la cristianità. Questo regime ha prodotto opere d’arte, ha contribuito alle scienze, ma consolidandosi ha legittimato un modello di società, nel quale le risorse sono riservate al dieci per cento della popolazione, condannando così alla miseria il 90% degli esseri umani. Sulla banconota del dollaro è scritto: “Noi confidiamo in Dio”.

In America latina, per testimoniare che il Regno di Dio è pace e giustizia, molte comunità cristiane hanno visto i loro figli cadere, vittime della violenza. Invece una chiesa che tenta di risuscitare il modello di cristianità non corre il rischio del martirio, ma di essere connivente con l’assassinio dei suoi fratelli. Il papa ha chiesto perdono per le colpe della chiesa nella colonizzazione del continente americano, nella riduzione in schiavitù di indigeni e neri. Ha dichiarato che l’accordo cattolico-luterano è solamente un passo di quell’unità che Dio richiede alle chiese e alle religioni. Per questo, bisogna cambiare il modello di chiesa che aveva gestito queste divisioni e aveva rinunciato a servire la giustizia, diventando un’agenzia religiosa o peggio un mercato di culti. Ancor oggi, gruppi nostalgici di “cristianità” portano scritto sulle magliette: “Sono orgoglioso di esser cattolico”. Riempiono gli stadi e organizzano spettacoli per recuperare masse alla chiesa.

Dieci anni fa, il 22 novembre 1989, a El Salvador, dei militari fecero irruzione nella residenza dei gesuiti, professori all’Università cattolica, e assassinarono cinque padri, una signora e sua figlia. Il crimine di questi martiri era di essere solidali con i poveri. Non sarebbero stati uccisi, se il loro modo di vivere la fede fosse consistito solamente nel danzare e vendere prodotti religiosi. Nel 1980, dei militari assassinarono il vescovo Oscar Romero. Negli ultimi 25 anni, migliaia di persone sono state massacrate. Alcuni di coloro che hanno perpetrato questi crimini, hanno affermato di agire in difesa di una società che essi considerano cristiana. Ho ascoltato personalmente da Gustavo Gutierrez, che era presente alla sepoltura di dom Romero, come si sono succeduti quei tragici avvenimenti: ciò che più ha colpito lui e altri fratelli di fede è che la notte seguente all’assassinio del vescovo Romero, delle ricche studentesse di un collegio tenuto da religiose festeggiarono quella morte!!!

La radice di questa disumanità sta nel comprendere e vivere la fede slegata dalla giustizia. Il movimento per l’unità delle chiese e la comunione delle religioni e delle culture mostra che c’è un’intima relazione fra l’amore di Dio e la comunione fra le persone e con la natura. Gesù disse: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.

MARCELO BARROS.


L’EUROPA NON DEVE AVERE PAURA DELL’ISLAM MA DI SE STESSA

La pace da noi sarà possibile con l’unità dell’Europa: perciò le scuole che stiamo creando si chiamano scuole per l’Europa, per coltivare nei giovani l’amore verso i popoli e le culture di cui fanno parte, ma anche una profonda stima verso gli altri. Vogliamo cooperare perché Sarajevo diventi modello di coesistenza e collaborazione pacifica tra diversi popoli e diverse religioni.

Circa due terzi dei cattolici sono esiliati, oltre il 70% delle chiese e delle strutture parrocchiali sono state smantellate, eppure vogliamo gridare che il nostro avvenire è nel perdono, nella riconciliazione e nel rispetto di ogni persona e di ogni popolo. Il processo è lungo e va ricominciato con i più giovani; a loro insegnamo che la riconciliazione, senza la scelta del rispetto del diverso, è instabile e fragile. In Bosnia dobbiamo imparare a rispettarci come diversi.

È necessario “scegliere positivamente” la convivenza, non perché si è costretti dalla storia. Visto che i nazionalisti vogliono la divisione etnica e gli internazionalisti vogliono annullare le differenze, ecco il nostro progetto di scuole multietniche e multireligiose per educare i diversi ad apprezzare lo stare insieme.

Non ci conosciamo e tendiamo a strumentalizzare le religioni. L’Europa non deve aver paura dell’islam, ma di se stessa: è lei che ha dimenticato certi valori. In un mondo di religioni utilizzate contro l’uomo, abbiamo l’obbligo di mettere insieme i credenti che discendono da Abramo. La Bosnia in questo è un paradigma, per i secoli di convivenza pacifica con l’islam. La guerra che abbiamo avuto è da interpretare come un preciso messaggio per l’Europa: deve convincersi che non può esistere senza convivenza.

PERO SUDAR, vescovo ausiliare di Sarajevo.



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