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Non c'è pace senza verità

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Sono la madre adottiva di tre ragazze ruandesi e sono veramente indignata di leggere quello che scrivete sulle colpe dell'etnia tutsi. Trovo che la pace possa essere raggiunta solo affermando la verità e non vergognose bugie, che forse sono perfino strumentali.
Ho lavorato a lungo e spesso con istituzioni dell'Onu sia in Rwanda sia in Burundi e ho sempre trovato rivoltante l'atteggiamento di certi sacerdoti che, anziché alla pace, lavoravano schierandosi per questa o quella fazione (per lo più devo dire con gli hutu) in circostanze nelle quali sarebbe stato più opportuno operare per cucire i rapporti, comporre le discordie, piuttosto che aggravare i conflitti.
Sono davvero preoccupata che si lavori in situazioni così complesse, oltretutto protetti dall'egida della santa Chiesa, con tanta superficialità e cinismo.
Mi riprometto di superare questo momento di sdegno e trovare la forza per pregare il Signore di illuminarvi e consentirvi di comprendere che non c'è pace senza verità.
  • PATRIZIA TANGHERONI.

RISPONDE P. SILVIO TURAZZI

Ho tanti amici ruandesi delle varie comunità. Con loro e penso anche con lei, non desidero altro che quella pace in cui ciascuno e tutti possono vivere nella dignità e nel rispetto dei diritti e doveri che ogni uomo e donna hanno per nascita.
Penso che possiamo avvicinarci alla verità soltanto ascoltando il dolore di tutte le vittime.
È giusto che chi ha vissuto gli avvenimenti del dramma ruandese dia il suo contributo alla verità e sia capace anche di ascoltare il dolore degli altri. Sono convinto di quanto ho scritto nell'articolo di Missione Oggi, marzo 2007: è importante distinguere l'etnia (comunità hutu, tutsi, twa, e le numerose famiglie miste) dai gruppi di potere.
Alla base della tensione interna del popolo ruandese, senza dimenticare gli interessi e le influenze esterne, c'è la paura di essere eliminati o di vivere nella servitù. Una cosa è certa: le armi non sono la soluzione per assicurare il futuro o garantire i diritti fondamentali, né per gli uni né per gli altri. Bisogna lavorare di più, sono d'accordo con lei, per cucire i rapporti e garantire a ogni gruppo non solo la sopravvivenza, ma la possibilità di esprimersi e di vivere pienamente l'esercizio dei diritti fondamentali e delle responsabilità. Oggi il regime di Kagame nega agli hutu ciò che ieri il regime di Habyarimana negava ai tutsi.
Solo un dialogo vero tra tutte le parti potrà indicare la strada.


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