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La sfida della laicità nell'ebraismo, cristianesimo e islam

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CONVEGNO 2005 - TAVOLA ROTONDA, INTRODUZIONE

LA RELAZIONE DI QUESTA MATTINA, CHE VOLEVA ESSERE FONDATIVA E OFFRIRE UNO SGUARDO D’INSIEME SUL TEMA, HA, A MIO PARERE, INTRODOTTO UN ELEMENTO CHE RIMESCOLA UN PO’ LA NOSTRA DISCUSSIONE POMERIDIANA. RAGIONANDO SULL’ASSENZA E SULLA PRESENZA DEL DIVINO, LAWRENCE SULLIVAN, INFATTI, SEGNALAVA UN’AMBIVALENZA DI QUESTO ESSERE E NON ESSERE, DELL’ESSERCI O NON ESSERCI, PARLAVA DI UNA VICINANZA CHE È ALLO STESSO TEMPO PERDITA. CIÒ, IN FONDO SI LEGA AL TEMA DEL POMERIGGIO, CHE CI È STATO SOLLECITATO ANCHE DA UNA SERIE DI VICENDE ALL’ORDINE DEL GIORNO NELLA CRONACA, SUI GIORNALI O NEL DIBATTITO PUBBLICO: DALLA POLEMICA CIRCA IL MANTENIMENTO O MENO DEL CROCIFISSO ALLE PARETI DELLE SCUOLE STATALI ALLA DISCUSSIONE SULL’INTRODUZIONE DEL RIFERIMENTO ALLE “RADICI CRISTIANE” NEL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO. EBBENE, FINO A CHE PUNTO, VERREBBE DA CHIEDERSI DOPO LE SOLLECITAZIONI DI QUESTA MATTINA, UNA PRESENZA INDICA UN ESSERCI E UN’ASSENZA UN NON ESSERCI?

Quando abbiamo pensato e progettato questo convegno, abbiamo voluto tentare di proporre una riflessione che intrecciasse un approccio antropologico al pluralismo religioso con le ricadute che questo fenomeno e il riemergere della religione nel dibattito pubblico hanno nello spazio sociale e istituzionale italiano.

DOMANDE DI UN PAESE LAICO E PLURIRELIGIOSO

Solo di recente l’Italia ha cominciato a vedere diversificare il proprio panorama religioso. Il nostro è, infatti, un paese tradizionalmente con una monocultura cattolica assolutamente ultramaggioritaria, in cui anche le altre presenze cristiane erano numericamente molto limitate, sia sul versante ortodosso sia su quello protestante.

Tuttavia negli ultimi anni, questo scenario, grazie anche e soprattutto al fenomeno migratorio, sta divenendo più complesso e articolato, il che naturalmente pone problemi e domande destinate immediatamente a precipitare nella discussione quotidiana: “Se fosse morto il Dalai Lama, il governo italiano avrebbe dovuto proclamare tre giorni di lutto nazionale? Lo Stato dovrebbe finanziare scuole islamiche o prevedere l’insegnamento facoltativo della religione musulmana negli istituti scolastici pubblici? I crocifissi dovrebbero essere rimossi dalle aule dei tribunali? Le donne col velo sul volto dovrebbero essere escluse dalle piscine comunali?”.

Per certi aspetti, stando all’attualità più stringente, lo stesso dibattito sui referendum sulla legge che disciplina la procreazione medicalmente assistita, coinvolge pure la concezione del rapporto tra fede religiosa e norme del diritto. Come italiani, noi veniamo da una tradizione giuridica, costituzionale, culturale prima ancora, e politica, diversa da quella di altri paesi, per esempio dagli Stati Uniti o della Francia. Non a caso, mi pare che, istintivamente e a prescindere dall’essere credenti o meno, in Italia sentiamo abbastanza lontana dalla nostra sensibilità la controversia francese sul velo e sull’esibizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici da parte degli individui, una disputa che peraltro lacera un paese a noi così vicino e con una più lunga storia di immigrazione extraeuropea, e quindi di multiculturalità e multireligiosità.

LAICITÀ ALL’ITALIANA

Ecco, in questa seconda parte del convegno, vorremmo provare a dare un contributo di riflessione sul terreno più politico, cercando di capire in che modo una società, come quella italiana, che cambia perché vede diversificare il suo universo religioso, può, a partire dalla sua specificità storica, costruire forme nuove di convivenza civile. È uno sforzo impegnativo, per realizzare il quale abbiamo pensato a due momenti.

Prima una tavola rotonda con tre persone chiamate a rappresentare le grandi tradizioni religiose e culturali monoteiste: Stefano Levi Della Torre, ebreo, Eluoafi Nezha, musulmana, e Brunetto Salvarani, cattolico, ma con una sensibilità e un’esperienza ecumenica sufficienti a farlo, in qualche modo, portavoce delle altre “famiglie” cristiane, quella ortodossa e quella riformata, che abbiamo scelto di non invitare qui solo perché sarebbe stato improponibile (né forse ben equilibrato) un dialogo a cinque.

A ciascuno di loro abbiamo chiesto di intervenire a partire da tre domande: qual è il significato della laicità nell’ebraismo, nell’Islam e nel cristianesimo? Che cosa chiede ciascuna tradizione religiosa allo Stato perché ebrei, musulmani e cristiani possano sentirsi pienamente rispettati nello “spazio pubblico” di una società religiosamente pluralista? In che modo le istituzioni italiane dovrebbero definire un quadro di riferimento legale e giuridico condiviso?

Per motivare questi interrogativi, richiamo prima di tutto la convinzione, diffusa al punto da risultare luogo comune, che, per esempio, nell’Islam sia impensabile il concetto di laicità perché questa tradizione non ha ancora vissuto un fenomeno paragonabile all’illuminismo e quindi non ha maturato la separazione tra la sfera religiosa e la sfera politica.

Quindi cito il recente protocollo d’intesa tra la Regione Lombardia e la diocesi di Milano, a molti apparso lesivo della laicità dello Stato, che “disciplina del servizio di assistenza religiosa cattolica negli enti sanitari e assistenziali pubblici e privati accreditati” e prevede l’assunzione a tempo pieno e indeterminato dei cappellani ospedalieri da parte delle aziende sanitarie locali. Infine ricordo come poche settimane fa il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, si sia dichiarato favorevole a un insegnamento facoltativo della religione musulmana nelle scuole pubbliche, purché non confessionale, rispondendo, a chi gli chiedeva le ragioni del diverso trattamento previsto in questo caso rispetto all’insegnamento della religione cattolica, che ciò era motivato dall’essere il cattolicesimo parte del patrimonio e dell’identità culturale italiana.

IL COSTITUZIONALISMO DI FRONTE A UN’ITALIA PLURIRELIGIOSA

Le sollecitazione emerse da questo confronto verranno poi riversate sulla costituzionalista Barbara Randazzo, che sostituisce il presidente emerito della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola, impossibilitato a partecipare ai nostri lavori per un impegno sopraggiunto. A lei abbiamo chiesto di riflettere, alla luce della Costituzione, della tradizione culturale italiana e della trasformazione del nostro paese in una società plurireligiosa, su quali principi possano configurare un concetto adeguato di laicità e far sì che le istituzioni pubbliche siano davvero “casa di tutti”, rispettose e garanti dei diritti di ogni cittadino, credente o no.

La dott.ssa Randazzo da tempo si è specializzata proprio sulla laicità in un contesto di pluralismo religioso e sta pubblicando un volume che affronta dal punto di vista della cultura costituzionale la controversa questione del crocifisso.

A questo proposito vorrei concludere richiamando un promettente evento recente di cui pochi hanno parlato, ma che io ho trovato estremamente interessante e nuovo, almeno per le abitudini italiane: pochi mesi fa, la Conferenza episcopale italiana, ha promosso un seminario di studio - cui hanno preso parte giuristi di altissimo livello, come l’ex presidente della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli - sul tema del crocifisso insieme all’Arcidiocesi ortodossa d’Italia del Patriarcato di Costantinopoli e alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Ciò a testimonianza che nella Chiesa cattolica italiana si fa strada la consapevolezza – tutt’altro che scontata - che questi argomenti, facilmente terreno di polemica spicciola, non possono più essere affrontati da un unico punto di vista, per di più confessionale, cercando di mettere le bandierine il più avanti possibile, ma sia necessario trovare soluzioni condivise.

Su questa linea intende collocarsi il nostro lavoro.



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