È difficile fare una valutazione oggi dello “status ecclesiae”. I quattro interventi, che seguono, colgono alcune questioni decisive della testimonianza cristiana nel nostro tempo. Ma io vorrei porre tre domande, che rimandano a quella di Gesù nel vangelo di Luca: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà sulla terra troverà ancora la fede?”.
La prima é sulla pace
Davvero le chiese sono uscite da una lettura politica di questo tema, abbandonando le vecchie astuzie della teologia della guerra, non rimanendo soggiogate dall’interesse politico e cercando il Regno di Dio e la sua giustizia? Le vittime in Iraq, in Palestina, in Israele, in Africa sono diventate le vere maestre di una cultura di pace? Le parole della riconciliazione sono uscite dai luoghi religiosi per diventare, nella loro debolezza, parole forti per una nuova convivenza tra i popoli e nei popoli?
La seconda domanda é sulla vita secondo lo Spirito
Le chiese sono oggi luoghi dove é possibile vivere l’esperienza secondo lo Spirito, oppure si stanno progressivamente riducendo a macchine organizzative, capaci di rispondere a giuste esigenze di vita insieme, ma mettendo tra parentesi il vangelo? Non c’é oggi la preoccupazione di preparare catechisti, operatori pastorali ecc., piuttosto che generare credenti, che sappiano vivere una vita di carità alla scuola dei poveri?
La terza domanda é sui poveri
Le nostre sono davvero chiese povere, (di potere, ricchezza, protagonismo religioso, in modo da poter abitare nelle case dei poveri, imparando da loro la misura della misericordia di Dio? Non c’é ancora la nostalgia di una chiesa talmente ricca e forte da aiutare i poveri del mondo?
Sono alcune domande per comprendere questo esodo delle chiese in un tempo dove regna l’antievangelo che è la guerra.
Con le risposte che ciascuno darà sarà possibile discernerlo come un tempo di grazia pur nel dramma della storia.
