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Si chiama don Fabio Corazzina; è il parroco di Fiumicello a Brescia, ma la sua fama travalica i confini della provincia. Ogni mattina, tramite il suo profilo Facebook, offre una riflessione di pochi minuti come augurio di buona giornata. Lo sta facendo da quando l’emergenza coronavirus non permette ai parrocchiani di andare in chiesa. Il suo non è un caso isolato; tanti parroci hanno attivato lo streaming per celebrazioni, incontri, appuntamenti quaresimali. Spesso, però, le sue parole sono un pugno nello stomaco delle nostre coscienze. Non ci lasciano tranquilli, hanno sempre un retroterra, un invito a non guardare solo al nostro ombelico, a interrogarci, a cercare le cause, i perché, senza mai perdere la speranza e il sorriso, sottolineando la bellezza della vita pur in un momento drammatico e difficile. In una recente riflessione, ha citato un testo di Italo Calvino tratto dal romanzo Le città invisibili.

“Non solo a vendere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte accanto ai fuochi tutt'intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili, o sdraiati su mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice – come lupo, sorella, tesoro nascosto, battaglia, scabbia, amanti – gli altri raccontano ognuno la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie. E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giunca ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio”.

Grazie don Fabio, perché hai trovato un testo che è più attuale di tante analisi e parole vuote. L’unità nazionale è durata il tempo di uno starnuto primaverile, Comuni contro Regioni, Regioni contro Governo, anche la Protezione Civile è finita nel mirino. E la gente intanto vive i suoi lutti senza fine, senza consolazione, lunghi Venerdì Santi senza la luce della Pasqua. Ma domani come saremo? Ci metteremo a pensare ai nostri ricordi uno a uno, saremo trasformati come al ritorno da Eufemia? Vorrei bruciare le tappe per vedere oltre la Fase 2 e la Fase 3, vorrei essere già lì, non solo perché l’emergenza sarebbe conclusa, ma per scommettere in un miglioramento di questa umanità colpita e ferita. Ma ho paura. Paura che tutto sarà uguale a prima, anzi con ancor più sospetto reciproco fino alle rassicurazioni della scienza. Allora, meglio compiere il viaggio, tappa per tappa di questa anomala primavera. Al domani ci penseremo… domani. Ma dà sollievo, almeno, pensare di poter ascoltare le storie di ciascuno, scambiare esperienze, ritrovare volti familiari, riportare conforto tra le lacrime, abbracci nella solitudine, preghiere nei deserti dell’anima.



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