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INFORMAZIONE E POTERE IN AFRICA AL TEMPO DEL COVID-19

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Il Covid-19 non ha invaso solo il mondo sanitario ma anche quello dell’informazione. Da quando è apparso un gran numero di fake news soprattutto sui social. L’Oms ha chiamato questo flusso incontrollato di notizie “infodemia”. Di gran parte di queste informazioni non si conosce l’origine, non sono riconducibili ad alcuna istituzione, di modo che è difficile risalire alle fonti. Il continente africano è particolarmente esposto alla loro influenza intossicante.

Quando poi, queste fake news vanno a braccetto con persone conosciute, uomini e donne dello spettacolo, e persino capi di stato, uomini politici, responsabili amministrativi, la loro credibilità aumenta, mettendo a rischio la salute pubblica, solo per un istante di visibilità in un tempo in cui la dimensione politica è in qualche modo sbiadita sulla scena pubblica.

È capitato in Tanzania, dove il presidente John Pombe Magufuli ha personalmente invitato i suoi connazionali ad inalare vapore acqueo per uccidere il virus che non resisterebbe al gran calore. Oppure in Madagascar, dove il presidente Andry Rajoelina proclama che sulla Grande Isola c’è un’erba, il cui decotto o tisana, “Covid-Organics”, può curare il virus e proteggono dall’infezione. Il governatore di Nairobi, Kenya, accogliendo l’invito dell’Oms a lavarsi frequentemente le mani con prodotti a base di alcol, ha consigliato una via più diretta bevendo direttamente alcolici per combatter il virus dal di dentro. L’Oms ha messo in guardia contro queste ricette casalinghe sottolineando che finora non esistono certezze scientifiche di nessun tipo nei confronti di una cura qualsiasi.

Altri esempi di fake news africane per combattere il virus sono molto popolari: il bere acqua tiepida ogni 15 minuti; mangiare aglio e miele; bere urina di mucca; utilizzare l’argento colloidale; la clorochina ecc. A causa di questo flusso di false notizie alcuni paesi come il Senegal, il Sudafrica, il Kenya, l’Algeria, il Marocco, la Tunisia, hanno creato leggi contro la propagazione di false notizie con sanzioni penali fino all’arresto. Ma dal controllo delle fake news alla censura del dissenso o delle opposizioni politiche, il passo è breve.

Infatti l’Ong RSF (Reporter sans frontières) ha visto subito in questo meccanismo giuridico la possibilità di usare il coronavirus come pretesto per imbavagliare la stampa, le opposizioni e la società civile. Dall’inizio della pandemia, infatti, sono aumentate in Africa le aggressioni, le intimidazioni, gli arresti di giornalisti, con censure ed esclusione dei media critici nei confronti dei governi. È quanto afferma Arnaud Froger, responsabile della sezione Africa di RSF, chiedendo che “la libertà di stampa non sia una vittima collaterale del Covid-19! Prendersela con i professionisti dell’informazione è senza dubbio uno dei peggiori metodi per lottare contro la propagazione del virus”.

Le autorità della Nigeria, per esempio, hanno deciso di limitare l’accesso alla sala stampa del Presidente ad un piccolo gruppo di media controllati o vicini al potere. La stessa strategia è stata adottata in Camerun, dove sono stati esclusi molti media privati, indipendenti o critici, ma molto popolari. In Costa d’Avorio, due giornalisti sono stati multati per aver rivelato la presenza di casi di coronavirus nella prigione di Abidjan, la capitale del paese.

In altri paesi invece si vuole approfittare della crisi creata dalla pandemia per modificare il paesaggio politico. In Centrafrica per esempio, l’attuale presidente Faustin Archange Touadera sta preparando una modifica alla Costituzione che gli permetterebbe, in caso di spostamento delle elezioni presidenziale del 2020, di restare in carica oltre la scadenza del suo mandato.

In Burundi, il 27 aprile è iniziata la campagna elettorale per le elezioni politiche e amministrative, oltre che presidenziali. Il risultato sembra scontato a favore del partito attualmente al potere. Alcune associazioni della società civile si sono unite intorno ad un progetto comune per monitorare le violazioni dei diritti umani in questo periodo elettorale. Nel contesto de coronavirus il paese non ha mai preso misure drastiche nei confronti della pandemia e gli stadi sono stati chiusi al calcio per essere aperti ai meeting elettorali dei candidati.

Il caso più eclatante è l’Algeria che in questo tempo di pandemia si è dotata, il 23 aprile, di una legge che penalizza la trasmissione di notizie che nuocciono all’ordine pubblico e all’unità nazionale. L’opposizione del paese, gli attivisti dei diritti umani e gli organizzatori della protesta popolare anti-regime (Hirak) hanno subito percepito che si usava la pandemia per criminalizzare le opposizioni. Da più di un anno, infatti, la vecchia classe politica del paese è sotto la pressione delle manifestazioni popolari del venerdì (Hirak). Iniziate come risposta alla decisione dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika di candidarsi per la quinta volta, sono continuate dopo la sua rinuncia assumendo la connotazione di una domanda di cambiamento del regime ancora legato agli antichi collaboratori di Bouteflika. Le manifestazioni, iniziate in febbraio 2019, sono continuate per 57 venerdì consecutivi, in maniera pacifica prima per le strade della capitale Algeri, poi anche nelle città più importanti del paese fino alla fine di marzo 2020, quando il coronavirus è apparso all’orizzonte minacciando anche l’Algeria. Con la sospensione delle manifestazioni settimanali è aumentata la repressione nei confronti dell’opposizione e dei media più critici infrangendo cosi la libertà di espressione nel paese. È del 27 aprile la notizia che Karim Tabbou, una delle voci più conosciute dell’Hirak sarà processato il 1° giugno con l’accusa di tentata violazione dell’integrità nazionale. Amnesty international, in un suo comunicato alle autorità algerine, ha chiesto che si metta fine alla vessazione arbitraria che mira a ridurre al silenzio i militanti del movimento Hirak e i giornalisti, complice la pandemia. Almeno 32 persone legate all’Hirak sono state arbitrariamente arrestate, otto dall’inizio della pandemia. Attualmente il paese conta 3.517 casi di contagio e 432 decessi. È il quarto paese in Africa per numero di contagi dopo il Sudafrica, l’Egitto e il Marocco.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, il 27 aprile ha messo in guardia vari paesi a non usare il pretesto della pandemia per violare i diritti umani. “L’emergenza non dev’essere un’arma dei governi per reprimere il dissenso, controllare la popolazione e difendere i poteri acquisiti…”.



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