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GRAZIE, PADRE RENATO, "PONTE" SOLIDALE E PROFETICO (WAYANGARE) TRA GLI INDIOS KAIAPÓ E LA CHIESA E IL MONDO

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La redazione di Missione Oggi partecipa con profonda gratitudine al ricordo dei saveriani e delle saveriane, dei parenti e degli amici di padre Renato Trevisan, venuto a mancare lunedì 8 aprile 2024 in Casa Madre, a Parma, per la sua sempre così vitale – eppure discreta e umile – collaborazione sui temi della Pastorale indigenista. Originario di Caldogno (Vi), Renato ha vissuto la sua missione soprattutto nella regione amazzonica del Brasile, dedicandosi anima e corpo alla Pastorale indigenista, di cui è stato anche coordinatore regionale CIMI (Consiglio Indigenista Missionario). Per questa pastorale, Renato ha seguito corsi di Linguistica e Antropologia, approfondendo specialmente la lingua Kayapó e vivendo in un villaggio degli Indios Kayapó, a Kikretum. Nel 1991 ha frequentato anche alcuni corsi di Missiologia presso la Facoltà Teologica dell’Assunção, a São Paulo (Brasile). Nel 1995, mentre era superiore regionale dei saveriani del Brasile Nord, partecipando al XIII Capitolo Generale, Renato fu eletto consigliere generale, dovendo per questo lasciare la sua amata Amazzonia, ma alla fine del mandato, nel 2002, fece ritorno in Brasile, riprendendo la sua passione indigenista, fino al 2015, quando la malattia lo costrinse a rientrare in Italia.

Qui di seguito il ricordo di padre Walter Taini, missionario saveriano, che ha condiviso con padre Renato Trevisan vari anni di missione in Amazzonia.

Mi piace ricordare padre Renato con la metafora del “ponte”, perché rende bene l’idea della sua attività missionaria in Amazzonia: essere stato e aver fatto da ponte tra la Chiesa locale – la Prelatura dello Xingu – e gli indios Kayapó, ma anche tra i Kayapó e la società circostante, mano a mano che avanzava lo sfruttamento predatorio delle loro terre. 

Fin dal 1983, quando i saveriani con Renato – e padre Salvatore Saiu – decisero di risiedere nel villaggio di Kikretum, percepirono l’importanza di non limitare la loro attività entro i confini della riserva indigena, ma di allargarla creando occasioni di prossimità e incontro tra il popolo Kayapó (circa 6.000 persone in cinque villaggi) e la Chiesa locale, accompagnando il processo di conoscenza reciproca con sussidi didattici e incontri pastorali in tutte le parrocchie per far comprendere la realtà di questo e di altri popoli indigeni, con l’obiettivo di integrare più organicamente la Pastorale indigenista nel Piano pastorale della Prelatura, allora guidata dal vescovo dom Erwin Kräutler. Infatti, nel 1984, un capo Kayapó partecipò alla Prima Assemblea del popolo di Dio della Prelatura. 

Inoltre, dopo la fine della dittatura in Brasile (1964-1985), Renato ha giocato un ruolo di primo piano nella fase “Costituente” per far comprendere ai Kayapó l’importanza strategica di allearsi con gli altri popoli indigeni affinché la nuova Costituzione, approvata nel 1988, recepisse i diritti dei popoli indigeni, così barbaramente calpestati dalla “vecchia” politica indigenista. In tale circostanza, di transizione politica, fu richiesta la collaborazione di Renato per “tradurre” in categorie Kayapó i principi fondamentali e i valori della nuova Costituzione democratica. In numerose occasioni, anche drammatiche, Renato è stato davvero un “ponte” solidale e profetico per i Kayapó, anche quando, dopo una prima resistenza, i Kayapó si sono lasciati contaminare dalla ricchezza improvvisa, grazie alla vendita del mogano e dell’oro.

Renato era molto devoto della Madonna di Monte Berico, che sotto il suo manto protegge il popolo vicentino minacciato dalla pestilenza, ma anche di Nostra Signora di Guadalupe, patrona dell’America latina e in particolare dei popoli indigeni. Ora mi piace immaginarlo – lui che in vita era già in buoni rapporti con la mamma di Gesù – vicino a Maria mentre le sussurra come le mamme Kayapó cantano la “Ninna nanna” ai loro piccoli e la implora: “Anche questi sono tuoi figli!”. Ciao Renato e grazie per la tua testimonianza.

di Walter Taini



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