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Attualità degli argomenti e sobrietà nella presentazione

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Redenção/PA (Brasile) - Caro p. Mario,

per la prima volta da quando sono a Redenção (Brasile-Amazzonia) ho ritirato dalla cassetta postale MO, il numero di dicembre 2009. A Belém avevo già avuto modo di conoscere la rivista da te firmata. Riceverla in tre copie a Redenção, me l’ha fatta sentire ancora di più “mia-nostra”! Il 22 e 23 febbraio, saranno qui per il primo incontro annuale di area, i saveriani del Sud Pará, (São Felix do Xingu, Tucumã, Ourilândia do Norte e Redenção). Avrò modo di presentarla anche a loro e di sottolineare alcuni aspetti (le mie impressioni) che desidero condividere anche con te e i tuoi collaboratori. Non ho alcuna pretesa (ti scrivo a caldo!).

Anzi tutto, mi sono piaciute l’attualità di tutti gli argomenti e la sobrietà nella presentazione. Ottimo l’uso dei colori (tonalità), sia delle foto che dei fondi pagina che a mio avviso non distraggono il lettore, ma lo aiutano a procedere nella lettura del tema principale completato dai sussidi, come nel caso del dossier “La Cina di Mao compie 60 anni”, con gli spazi dati a “I primi 50 anni dei saveriani in Cina” e al “Centro studi cinesi Università Urbaniana”.

Ho trovato particolarmente “giusto” dare spazio ad alcune “missioni” in cui operiamo noi saveriani. È il caso dei due articoli di apertura che presentano bene la posizione dei nostri confratelli e sgonfiano, demoliscono le accuse contro di loro (P.G. Lanaro e F. Bordignon). Mi sono sentito molto coinvolto anche da quanto B. Salvarani scrive su ”Il libro sacro degli altri”. Lavorando in mezzo a popoli, per quanto piccoli demograficamente (ho trascorso la maggior parte del mese di dicembre tra gli indios Asuriní del fiume Xingu – 152 persone in tutto), come gli Araweté, i Parakanã, gli Arara (tutti sotto le 300 unità), i Kayapó (i più numerosi, sono circa 7.000),

ci si imbatte subito con un’esperienza religiosa-mistica che parla dello sforzo di un popolo di incontrare “il Salvatore”, qualunque sia il nome dato a questa “realtà”.

Su questo tema desidererei che MO offrisse degli spazi per scambi di riflessioni, ma soprattutto di esperienze di dialogo, di confronto con culture diverse e al tempo stesso di cammino verso l’unità. Ho riletto da poco Dogmatismo e tolleranza di R. Alves (Loyola, São Paulo 2004), in cui fin dall’inizio l’autore con una frase ad effetto, ma molto vera, lancia una pietra in uno stagno, già molto mosso: “Dio creò gli uccelli. Le religioni costruirono gabbie. Le gabbie costruite dalle religioni sono composte di parole. E queste si chiamano dogmi… La storia del cristianesimo è piena di gabbie. Quanti sono morti per aver pensato ‘differente’! Tanto i cattolici quanto i protestanti sono colpevoli di questo crimine” (testo di copertina del libro citato).

D’altra parte sta succedendo (ed è scandaloso) anche il contrario, specie qui in Brasile, dove “per il principio della libertà a cui si appellano certi movimenti religiosi (ma a cui fa difetto la carità), si dividono e suddividono fino a polverizzarsi” (J. Comblin, O Espiritu Santo no mundo, Paulus, São Paulo 2009, p. 77). Basta passeggiare per pochi minuti nel centro di una delle tante città del Brasile per contare a decine le “Chiese” che si definiscono cristiane, alcune addirittura appartenenti a questo o quel pastore/missionario.

Ho aperto una parentesi lunga su un tema molto attuale, cruciale specie per me, per noi missionari, che abbiamo a che fare quotidianamente con questa sfida. E lo è ancor di più quando l’evangelizzazione (annuncio) “batte” o “sbatte” quotidianamente contro problemi di carattere sociale (vita degna, vita piena) e di carattere ecologico (in un ambiente vivibile: vedi per esempio le questioni legate alla costruzione delle dighe in Amazzonia).

Grazie anche per l’intervista al p. Meo Elia, “Ripensando la missione dall’Amazzonia”! Spero che sulla scia delle discussioni e decisioni dell’assemblea saveriana del gennaio 2009, si possa tornare su questi temi. Ciò ci permetterà non solo di lavorare generosamente, a volte a testa bassa (magari senza riflettere molto),

ma anche e soprattutto, a scegliere sempre la strada migliore per aiutare la gente a incontrarsi per incontrare Colui che ci ama, tutti e da sempre.



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