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COME POSSIAMO SUPERARE UN LINGUAGGIO TROPPO SESSISTA?

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Siamo un gruppo di credenti, persone da sempre attive in percorsi di volontariato e di impegno civile e politico. Seguiamo anche con interesse tutto ciò che riguarda le politiche di genere. Scriviamo per mettere a conoscenza di un lavoro che stiamo portando avanti sul linguaggio. Spesso, infatti la lingua è usata in modo sessista. Questo significa che, per esempio, si attribuisce alla parola uomo un valore neutro nel nominare uomini e donne. Nella lingua italiana, però, non esiste il neutro. Se diciamo "uomo", dovremmo intendere solo l'essere maschio della nostra specie e non comprendere in esso anche il femminile. Oppure non decliniamo le professioni e i ruoli al femminile (soprattutto se sono di potere). Per esempio non diciamo ingegnera, ministra, assessora, sindaca, la presidente ecc. Nei soggetti plurali non nominiamo la differenza di genere. Diciamo, infatti, cittadini anziché cittadini e cittadine, o i bambini anziché i bambini, le bambine.

Da sempre il potere, la cultura e la società (e anche la nostra Chiesa nelle sue liturgie, nei suoi riti, nelle sue preghiere) hanno fatto questa scelta. si è nascosto e velato il femminile nella lingua. le donne esistono e abitano il mondo, ma solo i maschi abitano il linguaggio. Ciò che non si nomina, non esiste, non viene pensato, immaginato, preso in considerazione, tenuto presente. Basta non nominare o ignorare qualcuno per escluderlo, emarginarlo ed annullare la sua esistenza ai suoi stessi occhi. In una società dove da millenni il potere è sempre stato nelle mani maschili è ovvio che si sia fatta questa scelta. Ciò che bisogna dire oggi è che questa scelta è discriminante. Quando purtroppo parliamo di femminicidi, di stupri, di violenza sulle donne, ci chiediamo spesso cosa fare, come intervenire. Già cambiare il nostro linguaggio sessista in un linguaggio inclusivo del femminile, significherebbe fare un grande passo avanti contro la violenza sulle donne e un gran passo avanti verso la giustizia nei loro confronti. lnfatti, l'origine della violenza è la volontà d'impadronirsi della voce dell'altra per far tacere la voce che non corrisponde alla nostra. Occorre, quindi, un linguaggio rispettoso del femminile per vivere in una società rispettosa delle donne. Tutto, insomma, è omologato al maschile: cultura, politica, sessualità e modi di sentire. Gli uomini spesso pensano che le donne siano come loro. Non è così. Gli uomini devono mettersi in ascolto e accettare di essere una parte e non il tutto. Esistono nel Creato due generi, due emotività, due sessualità, due interpretazioni del mondo e della realtà. Con il linguaggio sessista tutta la ricchezza dei due generi creati da Dio viene svilita, eliminata e assorbita al maschile. L'altro genere deve essere nominato; occorre lasciargli occupare il posto che merita.  Quindi sarebbe auspicabile dire: ragazzi e ragazze, malate e malati, cittadini e cittadine, elettrici ed elettori, lettori e lettrici, ascoltatrici ed ascoltatori ecc. Qualcuno afferma che così allunghiamo le frasi sia quando parliamo, sia quando scriviamo. Invece di guardare alla forma, noi chiediamo di scegliere la sostanza, utilizzando un linguaggio inclusivo per partecipare a creare una società giusta.

Ricordiamo, inoltre, che da diversi anni questo tema è stato assunto da Istituzioni Italiane ed Europee che hanno indicato linee-guida e buone pratiche sull'uso di un linguaggio inclusivo del femminile. (Parlamento Europeo nel 2006, linee-guida di alcuni governi recenti, Miur). Alcune regioni italiane (Emilia, Toscana) e vari comuni (Firenze, Mira -Ve-, Milano, Palermo) hanno adottato nei vari statuti un linguaggio amministrativo che nomina entrambi i generi, applicando criteri suggeriti dall'Accademia della Crusca. Esiste un'associazione di giornalisti/e (GIULIA) che lavora a tutto tondo in questa direzione promuovendo nei media l'attenzione ad ogni forma di discriminazione nelle parole e nelle immagini e dando una diversa visibilità linguistica alle donne.

Con stima porgiamo distinti saluti,

Fabiana Conti, Marijlena Sandrini, Enza Zanoletti

Brescia



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