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LA MORTE NON ARRIVA CON LA VECCHIAIA, MA CON LA SOLITUDINE

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Covid-19 e gerontofobia / Intervenire con urgenza
Un webinar dell’Osservatorio Regionale Bersani (Emilia Romagna) 

Vedere 

  • Una vecchia tecnica impiegata in edilizia ci permette di comprendere la portata di una particolare tendenza che si è andata affermando nell’ultimo quarantennio nella nostra società: la gerontofobia, cioè il disprezzo e persino l’odio nei confronti dell’anziano. Una volta terminato il tetto della casa, questo veniva allagato, cosicché gli operai, seguendo l’acqua che entrava in casa potevano capire dove c’erano delle crepe non individuabili alla vista e correre così ai ripari. Il Covid-19 è stata una prova di allagamento del nostro welfare e le crepe sono venute fuori.
  • La prima è la mancanza di una strategia di salute territoriale, nonostante il fatto che l’istituzione in Italia nel 1978 del SSN fosse basata sulla dimensione localedi prevenzione e cura delle malattie. La seconda crepa è l’assenza di un sistema di assistenza domiciliare sanitaria e socio-sanitaria, a favore del modello ospedalocentrico. La terza crepa è che le strutture accreditate per anziani e disabili (RSA e Case Protette) non sono connesse con le strutture territoriali e, più in generale, non intrattengono rapporti di cooperazione con gli Enti di Terzo Settore e le altre espressioni della Comunità.
  • Pochi numeri bastano a dare conto delle conseguenze di queste crepe. Consideriamo il caso dell’Emilia-Romagna. Su un totale di 3.737 decessi (al 20/5/2020), ben 3.214 sono quelli di persone con più di 70 anni di età. Secondo l’OMS, nel 1980 l’Italia aveva 922 posti letto per terapia intensiva ogni 100mila abitanti; nel 2010 questi sono diventati 300; nel 2015 sono ulteriormente scesi a 275 e oggi sono 200. Tra 2010 e 2019 sono stati sottratti alla sanità oltre 37 miliardi di euro e si sono ridotti di 46.500 i medici e gli infermieri. Sono queste cifre talmente eloquenti che non abbisognano di commenti.
  • Il 19 aprile scorso, il “Corriere della Sera”titolava l’articolo di apertura: “La strage dei nonni”. Nel 2016 le RSA erano in Italia 12.500, con 285mila ricoverati oltre i 65 anni e con una marcata differenza tra Regione e Regione. L’offerta di posti letto nel Nord è triplarispetto al Sud ed è doppia rispetto al Centro. Tra 2009 e 2017, l’offerta nazionale delle strutture pubbliche ha visto una riduzione di circa 25mila posti letto, recuperata per 20mila posti da strutture private.

Giudicare

  • Giuseppe De Rita, in una intervista di metà aprile al “Corriere della Sera”riferisce che in Olanda tutti gli ultra-settantenni hanno ricevuto un modulo: firmandolo, essi si impegnavano, qualora colpiti da Covid, a rinunciare al ricovero ospedaliero, per non sottrarre posti a chi avesse più probabilità di loro di guarire. E la cosa seria e preoccupante è che tutti lo hanno firmato! Questo a significare che nella cultura di base della popolazione olandese è penetrata, come qualcosa di naturale, la visione utilitaristica, da cui discende l’accettazione del criterio dei QALYs (Quality Adjusted Life Years) quale criterio di razionamento nell’allocazione delle risorse per la sanità. Si tratta di un criterio che nega il significato autentico di giustizia (a ciascuno il suo) e che non riconosce la dignità di ogni uomo in quanto uomo senza distinzioni tra vite con dignità e vite senza dignità, in base alla capacità di autonomia, produttività, numero di anni da vivere. I criteri utilitaristici si pongono in contrasto con i diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla tutela della salute. Eppure, questi si vanno estendendo come se si trattasse di communis opinio. (Indicativo è il caso della Spagna, il cui governo ha preso un’iniziativa analoga a quella olandese, solo che ha posto il discrimine a 80 anni. (Qualcuno ha osservato: la mentalità popolare cattolica concede 10 anni in più di quella protestante!!)
  • Cosa sta alla base della gerontofobia? L’abbandono fattuale da parte della famiglia degli anziani ormai incapaci di vivere autonomamente la fase terminale della loro vita, senza un supporto, ancorché limitato. Il ricovero in una RSA diviene allora una scelta obbligata. Donde i due esiti che sono sotto i nostri occhi. Il primo, quello ordinario, è il rapido crollo psicologico dell’anziano, con le conseguenze deleterie per la sua salute a tutti ben note. Il secondo, quello straordinario, reso palese dal Covid, è la decimazione di un’intera generazione. Questa decimazione, però, non fa che anticipare quello che avverrà tra qualche anno, quando l’operatore della decimazione non sarà più un virus, ma la stessa orgogliosa (!) volontà degli anziani, sollecitati e psicologicamente indotti a redigere tragiche dichiarazioni di non trattamento. E questo in nome del principio libertario di autodeterminazione – come già avviene con la legalizzazione dell’eutanasia. La Magistratura deve continuare il suo lavoro di indagine sulle RSA. Ma ci sono milioni di persone che non saranno mai indagate (perché non imputabili personalmente) su cui però grava una responsabilità schiacciante. Si tratta non solo dei figli, dei fratelli, dei coniugi, ma più in generale dei parenti. Queste persone non solo affidano i loro congiunti soli alle RSA, ma non si preoccupano di controllare se esse abbiano uno standard minimo di cura. Oggi, le generazioni più giovani, come hanno voltato la faccia dall’altra parte di fronte ai problemi della vita nascente (un numero impressionante di coppie ha rinunciato intenzionalmente a fare figli), ora la stanno voltando di fronte a quelli della terza e quarta età. La Comunità Cristiana può tacere su tutto ciò?

Agire 

  • Una proposta che va guadagnando consenso è quella di mirare all’attuazione dei Budget di salute. Si tratta di questo. Se si vuole un buon welfare per gli anziani e per le persone affette da malattie cronico-degenerative, non basta agire solo sui sistemi sanitari, ma pure sulle determinanti sociali della salute che, se prese in carico dalla comunità, aumentano la qualità di vita generale. Occorre agire su habitat, socializzazione, affettività, e sul “lavoro”. Si pensi, a quest’ultimo riguardo, alle (pochissime) esperienze e progetti di longevità attiva, purtroppo assenti in Emilia-Romagna.
  • La ricetta dei Budget di Salute, oggi residuali rispetto ai ricoverati nelle RSA, soprattutto al Nord mira esattamente a quanto sopra indicato. Per fare un’analogia, i Budget della Salute sono come le misure alternative rispetto al carcere. Chiaramente, per arrivare a ciò è necessario prendere il coraggio a due mani e cominciare a parlare e a chiedere di transitare dal welfare Stateal welfare di Comunità. In altro modo, occorre passare dal sistema della delegada pubblico a privato convenzionato (o accreditato), cioè dalla sussidiarietà orizzontale, a un welfare di partecipazione attiva della comunità in tutte le sue espressioni (sussidiarietà circolare). Quando l’anziano si ammala è l’assistenza domiciliare integrata che deve funzionare per prima, mentre il ricorso alla RSA deve essere solo l’estrema ratio. (La Regione Campania ha approvato, di recente prima in Italia, una legge regionale che istituisce i Budget di Salute, dopo aver creato, sempre con legge regionale, l’Osservatorio Permanente di Economia Civile).
  • I medici di base sono le prime sentinelle sul territorio. Hanno una convenzione con il SSN, ma non ne dipendono, perché sono sotto la supervisione delle ASL. Non c’è bisogno di essere esperti di organizzazione sanitaria per capire che questo sistema non può funzionare. E infatti il COVID 19 l’ha ampiamente confermato.
  • Ha scritto G. Garcia Marquez: “La morte non arriva con la vecchiaia, ma con la solitudine”. C’è un’analogia inquietante fra il contagio virale della pandemia e il contagio globale di un individualismo libertario fuori controllo. Eppure, gli esseri umani sono autonomi – il che è cosa altamente buona – non per essere soli, ma per condividere la nostra condizione, ampliando le nostre capacità relazionali.


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