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Vivere la certezza nell’incertezza

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Cari amici, grazie per la vostra partecipazione attiva, la preghiera, l’affetto e i gesti di solidarietà, con cui avete accompagnato questa mia prima fase d’inserimento nella missione in Mozambico. Vi ho sentiti molto presenti e vicini anche qui, in questo remoto e affascinante angolo di terra africana, dove il contesto è di incertezza profonda e palpabile (come del resto, in tutto il nostro mondo).

La vita sballottata qua e là

Posso dire di vivere la certezza nell’incertezza del momento. La certezza viene dalla fede, perché nessuno è escluso dal progetto divino di amore e salvezza senza frontiere. L’incertezza è dovuta all’instabilità politica e sociale, agli spregiudicati interessi delle multinazionali del legno e del sottosuolo (petrolio e gas), alla mancanza del senso della giustizia, alla scarsa attenzione ai beni essenziali alla vita: acqua, cibo, sanità pubblica, scuola, rispetto della persona umana...

E dentro tutto ciò naviga, sballottata qua e là, la vita di un popolo che da molti (troppi) anni, sin dalla lotta per l’indipendenza, non vede la pace e non sente l’annuncio di cose buone, a cui tutti aspirano.

Noi missionari, a servizio di questa chiesa e di questo popolo, cerchiamo di fare la nostra piccola parte.

Mi sembra di vivere la chiesa delle origini: le strutture povere ed essenziali, le celebrazioni molto famigliari, i gesti e le parole che nascono dall’incontro tra fede e vita… Non è facile, perché spesso è questione di sopravvivenza per questo popolo di contadini e contadine, che rientrano stanchi dai campi dove si sta seminando, essendo la stagione favorevole delle piogge.

Una missione immensa

Una novità: sono stato nominato parroco della missione a Charre, intitolata a San Pietro Claver. È una missione immensa nella provincia di Tete, dall’altra parte del grande fiume Zambese. Pensate: in tutto ben 83 comunità, di cui la più distante si trova a 240 chilometri dal centro della missione!

Non mi aspettavo questo incarico, perché sto ancora studiando la lingua locale, il chisena. E anche perché questa è una missione più complessa delle altre, a causa del territorio, del clima e della mia inesperienza a fare il parroco (è la mia prima volta!).

Una nuova fase della vita

Comincia perciò una nuova fase della mia vita, con relativa sfida. Anche perché dovrò buttarmi dentro con intelligenza, insieme ai due miei confratelli - p. Andrea Facchetti (mantovano) e p. Justin Muchapa (congolese) - nella cultura locale che, a volte, sembra​ quasi impermeabile al vangelo!

Infatti, dopo oltre 500 anni di evangelizzazione sembra che, come chiesa, non abbiamo ancora raggiunto il cuore della cultura Sena che, apparentemente aperta e accogliente, vive in modo vincolante la religione tradizionale, con i suoi spiriti, antenati, stregoni, paure...

Come missionari, ci rendiamo conto che dobbiamo cercare vie nuove e più incarnate di evangelizzazione della cultura, per non correre invano!

Anche voi, in Italia…

Cari amici, per oggi chiudo qui, augurando a tutti voi una stagione piena di speranza, nonostante le difficoltà. So che anche in Italia la situazione socio politica ed economica da alcuni anni non è delle migliori, ma vi auguro di non lasciarvi cadere le braccia. Perché il Signore della vita sospinge con la sua carica infinita di amore ciascuno dei suoi figli e figlie.

Non abbiate paura di Cristo. Anzi, come dice papa Francesco, “non lasciatevi rubare la gioia del vangelo”.

Nella bella Italia come sotto le splendide stelle dell’Africa Australe, Cristo vuole caparbiamente piantare i picchetti della sua tenda in mezzo a noi. Costi quel che costi.

Prego per voi tutti, e in particolare per i giovani, le famiglie e i malati. Stiamo uniti in Cristo, con reciproco affetto.



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