In Bangladesh da 57 anni: ''Dedico la mia vita ai miei genitori''
Cinquantasette anni fa, il mattino del 6 gennaio 1953, scendevo all'aeroporto di Calcutta, la grande capitale del Bengala. Non avevo idea di quanto tempo mi sarebbe stato concesso, né immaginavo la quantità e la qualità del lavoro che sarei riuscito a sviluppare. Mi era sufficiente aver raggiunto "la terra di missione".
Confidai questi sentimenti a p. Amatore Dagnino, mio superiore di allora, manifestandogli che l'unico desiderio era quello di trovare comprensione per i miei limiti. La risposta di p. Dagnino fu per me sorprendente. Prima che io entrassi in noviziato, nel settembre 1942, egli aveva espresso qualche perplessità sulla mia vocazione, ma quel giorno mi disse: "Diventerai un grande missionario!".
Grande gioia e serenità
Oggi non so dire se sono diventato un grande missionario o meno. Certo non mi sento grande per tutto quello che ho fatto e si dice di me. Se ho una grandezza è per quello che è in me e che si esprime in una grande gioia e serenità. E ciò rimarrà, anche di fronte alla morte.
Se c'è un cruccio che mi tormenta, anche la notte, è il ricordo di tante mancanze ed errori commessi, più o meno gravi. Cose spiacevoli e paure passate che riecheggiano ancora nell'animo, che mi tengono in basso e non mi rendono superbo in mezzo al clamore e all'esaltazione.
Con la luce in... kopal
Un pensiero che mi stringe il cuore è il ricordo di papà e mamma, che sento sempre vicini e ai quali ho voluto dedicare il nuovo libro su Lalon (esponente dei "poeti del fiume"): "Alle due prime fonti della mia vocazione". Quanto più lontano vado e tanto più i loro volti si illuminano davanti a me. Se c'è qualcuno che ha il diritto di godere dei miei risultati e dei traguardi cui sono giunto, sono loro! La loro luce brilla sulla mia fronte.
"Fronte" - kopal, in lingua bengalese vuol dire fortuna; o meglio, quello che è scritto in fronte e che si realizza ogni giorno. "Kopal" è una parola che uso spesso in risposta alle mille domande che mi rivolge la gente. "Perché sei in Bangladesh?" - "kopal". "Perché tanto lavoro?" - "kopal". "Perché ti sei spinto fin quaggiù, nella foresta Sundorbon?" - "kopal".
Ma quando mi domandano le ragioni del mio interesse per la letteratura e la cultura bengalese (una cosa che stupisce la gente), allora rispondo che "è un dono che la Provvidenza mi ha fatto attraverso la carne e il sangue di mio padre e di mia madre!".