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''Una sola cosa è necessaria'': 20 anni in Cina, un riassunto

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Padre Martino, 53 anni, saveriano friulano di Prato Carnico è missionario in Cina dal 1991. Attualmente è superiore dei saveriani che lavorano a Taiwan e in Cina. In una sua recente visita in Italia, ci ha lasciato questa profonda e pacata riflessione. Nel metterla a disposizione dei nostri lettori, lo ringraziamo e assicuriamo della nostra vicinanza spirituale.

Il missionario partendo per un nuovo paese ha un po' in sé la convinzione di poter essere o diventare un dono per le persone che incontrerà. Impiegare la propria vita, il proprio tempo, le proprie energie in un ambiente, in una cultura e con un popolo diversi, rappresenta senza dubbio una possibilità di dare, oltre che un'occasione di ricevere.

C'è la convinzione che andando a vivere la fede, a condividere il proprio cammino umano e spirituale in un altro ambiente diverso dal proprio, possa rappresentare un dono per i nuovi "compagni di viaggio" e si spera possa essere recepito come tale.

Il problema è che il dono della fede è dono che solo Dio può fare e il nostro compito rimane essenzialmente quello di presentarci pronti a essere usati come quel canale o quel mezzo attraverso cui Dio può trasmettere tale dono.

Oltre a essere occasione di donare, la missione è anche un'esperienza che arricchisce.

Molto spesso abbiamo sentito dire che in tante avventure umane è più ciò che si impara che ciò che si dà. L'esperienza di missione è senz'altro una di queste.

L'atteggiamento di ascolto

Vent'anni di Cina rappresentano un tempo sufficientemente lungo per poter fare una valutazione, non dettata da sensazioni iniziali e non troppo condizionata dai risultati. Una cosa che mi sento di dire, come riassunto di questa esperienza di vita, è proprio questo: "è il Signore che fa".

Forse all'inizio, poteva esserci la sensazione che l'opera di Dio fosse condizionata dal volume di opere e di attività che il missionario compie. Ma più vado avanti più mi rendo conto della verità delle parole del vangelo che insistono su quel "una sola cosa è necessaria". Molti hanno interpretato questa frase come un primato della vita contemplativa su quella attiva. Per me, quello che dal brano evangelico appare invece più evidente è che "la cosa necessaria" è essenzialmente quell'atteggiamento di ascolto che Maria ha nei confronti di Gesù, e che è richiesto anche a noi.

Ebbene, questo atteggiamento di ascolto non è proprio solo dei momenti di "preghiera", ma è importante un po' in tutte le situazioni della vita, e quindi anche nella missione. La ragione di ciò è che Dio opera in tutto e in tutti, e che noi siamo chiamati a cercare, vedere e amare Dio in tutto.

La missione è del Signore

Dicevo che la missione è del Signore, e che a noi rimane quindi il compito di ascoltare quello che Lui fa, per cogliere come Lui opera e in che cosa Lui desidera la nostra collaborazione.

In questi vent'anni mi sembra di poter dire che l'elemento che ha portato più frutti nella mia vita è stato proprio questo ascoltare che si è concretizzato poi in quel rimanere a disposizione delle diverse chiamate che Dio propone attraverso fatti, persone e circostanze.

Ho constatato che ci vuole il vuoto di sé, il vuoto di progetti e di aspettative, per poter cogliere l'azione di Dio e quindi potervi poi anche corrispondere. E come risultato ho avuto la possibilità di gioire nel contemplare l'opera sua nelle persone. Tutto diventa un dono; un'esperienza della vitalità e della potenza, proprie di Lui, "Anima del mondo".

Sì, forse alla fine è vero che anch'io mi sono trovato a dare qualcosa...; se non altro, ho dato il mio vuoto.

Ma sono affascinato da come questo vuoto tante volte sia stato riempito di momenti che sono piccoli assaggi di eternità. Non posso allora che ringraziare Dio con le stesse parole di Gesù:

"Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai semplici e ai piccoli e le hai nascoste ai sapienti e agli intelligenti".



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