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Una fraternità per l'annuncio del Vangelo

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Da Piombino sparsi per il mondo

Alla chiusura del Giubileo Papa Wojtyla ha consegnato al popolo di Dio la lettera apostolica "Novo millennio ineunte", nella quale il Pontefice descrive le nuove sfide che la Chiesa è chiamata ad affrontare nel millennio che è appena iniziato. È soprattutto un invito ai laici che rivestono un ruolo assai importante nella nuova ecclesiologia di comunione. Le storie e le esperienze che proponiamo in questa pagina e nel Paginone non pretendono di essere una risposta esauriente all’invito del Papa, ma semplici testimonianze di quello che i laici ricchi di fede possono fare. Finalmente qualche buona notizia.

Tutto inizia quando due rientrati, un prete, il saveriano Carlo Uccelli, e una laica, Emma Gremmo, infermiera, dopo lunghe ricerche, accogliendo la proposta del vescovo di Massa Marittima, approdano al Cotone, una parrocchia operaia alla periferia di Piombino, con una frequenza festiva al 5%. Un contesto che può essere definito "di missione", ideale dunque per chi si prepara a partire.

È proprio la parrocchia l’ambiente più idoneo in cui vivere una "forte comunione aperta alla missione" sul territorio e al mondo intero.

Così, laici e non, hanno la possibilità di verificare i motivi della loro scelta e di formarsi alla missione "ad gentes". La convinzione di fondo è che tutti, laici inclusi, devono sentirsi corresponsabili, indipendentemente dal fatto che siano impegnati nella nuova evangelizzazione in Italia o che desiderino lavorare altrove, in zone così dette di primo annuncio. Ma è davvero lecita la distinzione che si continua a fare tra aree scristianizzate e aree in cui il Vangelo non è ancora stato portato? Un interrogativo tutt’altro che teorico, a cui al Cotone si cerca di dare risposta, concretamente, vivendo un’intensa esperienza di missione, nella quotidianità.

fraternità missione Così la "fraternità", formata da prete e laici, singoli e sposati, cresce in quella più vasta, la parrocchia, animandola. Ecco perché il Centro missionari laici di Piombino (Cml) ama definirsi "una piccola tessera del grande mosaico della missione" che offre, senza alcuna pretesa, un servizio di supporto a quanti desiderano partire, seguendoli poi attraverso lettere e visite periodiche nei vari Paesi per proseguire la condivisione e lo scambio. Attualmente sono presenti in missione tre preti diocesani "fidei donum", un saveriano, 5 coppie di sposi con 7 figli (più uno in arrivo).

Oltre alla fraternità di Piombino, ce ne sono due in Africa (Ciad e Mozambico) e recentemente ne è stata aperta una quarta in Asia. Interessante è anche il fatto che due diocesi toscane e una marchigiana (Massa Marittima-Piombino, Pitigliano-Sovana-Orbetello e Ascoli Piceno) abbiano deciso di unire le loro forze, inviando insieme sacerdoti e laici in Mozambico.

Tuttavia il nome Centro missionari laici è inadeguato. "Non esprime bene – spiega Emma – ciò che vogliamo essere. Per questo tutti noi che ne facciamo parte, sia a Piombino che in missione, pensiamo sarebbe opportuno sostituirlo con"Centro fraternità missionaria" per porre l’accento non tanto sul laico, ma sulla comunità cristiana (che preferiamo chiamare "fraternità") costituita da laici e preti, impegnati "corresponsabilmente" a vivere la comunione e la missione ciascuno con un proprio specifico ruolo e servizio, senza confusioni, ma anche senza divisioni in compartimenti stagni.

Ci siamo resi conto che le difficoltà fondamentali sono le stesse per tutti, laici e preti.

Vivere in una comunità, composta da persone normalicon gioie, problemi e contraddizioni, non è sempre facile. Naturalmente ci sono anche difficoltà tipiche della coppia, dei singoli, dei sacerdoti e problemi di rapporto sia all’interno della fraternità che all’esterno con tutte le persone che si incontrano ogni giorno. Noi cerchiamo di far sì che ciascuno, nella fedeltà alla propria vocazione, rispetti i carismi dell’altro.

Tutti insieme, in quanto comunità, riflettiamo sulle linee di fondo da seguire, sulle modalità di intervento, insieme lavoriamo, prendendo a modello Cristo, e perseguendo, insieme, il Regno. Ogni membro è consapevole di essere chiamato ad esercitare il proprio ministero non individualmente, ma in un contesto comunitario. Il nostro intento è di offrire un’immagine di Chiesa in cui tutti, sposati e celibi, sacerdoti e laici hanno uno spazio e la possibilità di esprimersi nel migliore dei modi. Lo stile di vita sobrio e l’utilizzo dei mezzi poveri favorisce la condivisione con la popolazione locale a Piombino come in Africa o in Asia. Punto di partenza è la Parola di Dio, una Parola che suscita speranza, riscalda il cuore e invita alla conversione".

Proprio per fedeltà alla Parola si bada di più alle persone che ai progetti da realizzare.

Invece di dare risposte, si pongono domande e si stimolano tutti a contribuire alla ricerca delle possibili soluzioni. "Invece di allargare i fossati, ci si sforza di colmarli. Senza nasconderci i problemi con il pretesto di una falsa comunione, vogliamo affrontare difficoltà e conflitti in spirito di comunione, aiutandoci reciprocamente a vivere il Vangelo con radicalità. È questa la provocazione che desideriamo lanciare. A tutti è chiesto di saper lottare, gioire, conservando inventiva e coraggio, prendendo esempio dai poveri in mezzo ai quali vive la fraternità".

Naturalmente all’interno della fraternità sono previsti spazi propri, privati, sia per le famiglie che per i sacerdoti. La casa del Cml di Piombino, attualmente adibita alla formazione, serve anche per accogliere i rientrati, che vi possono trascorrere alcuni mesi sostenuti economicamente dalla fraternità, mentre riflettono su come far rifluire nella propria Chiesa d’origine la ricchezza ricevuta dalla missione. Quindi hanno tutto il tempo necessario per progettare una nuova partenza in Italia. Poi ricominciano da capo, mantenendo legami con la fraternità.

È chiaro che il ritorno in Italia non significa porre fine ad un certo stile di vita, che deve continuare nel tempo.

Per questo si preferisce chiamare il rientro nuova partenza per sottolineare che chi torna in Italia non lascia la missione, ma solo un determinato territorio per trasferirsi in un altro.



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