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I colori sbiadiscono, gli impegni no

La guerra in Iraq si è conclusa (ma è davvero finita?). Le bandiere continuano a sventolare sui balconi di molte case. I loro colori sono destinati ad affievolirsi per il sole e le piogge di stagione. Sono il segno di una battaglia persa? Non credo proprio.

L'impegno per la pace

Esse continuano ad evocare una stagione sofferta, ma ricca di stimoli. E' cresciuta la consapevolezza, umana e cristiana, che la guerra non può essere decisa da poche persone sulla pelle di tutti. Sono anche il ricordo di un dovere e di un diritto che è di ciascuno: quello di poter dire la sua, in cose così importanti, senza essere costretti a pensarla come il capo. Vincere quella battaglia per la pace sarebbe stato troppo bello. Le cose non sono andate così, anche se sentiamo che i vincitori non sono quelli che ora occupano l'Iraq. 

Ma non è stata una sconfitta la nostra. Siamo cresciuti in senso civile, in responsabilità, in coscienza politica. Abbiamo preso coscienza che una guerra oggi - ogni guerra, e non solo quella contro l'Iraq - è sempre immorale, che noi dobbiamo invece cercare le strade della pace e del dialogo.

Le manifestazioni per la pace sono state importanti. Bisognerebbe farle contro tutte le guerre. Dimostrano il desiderio di occuparsi del bene comune; in altre parole, di fare vera politica.

Un nuovo impegno

Tutta questa forza solidale non dovrebbe perdersi né stemperarsi, fino a scomparire. Dobbiamo guardarci attorno; individuare un altro campo d'impegno cui applicarla. L'Africa, ad esempio.

Perché non prendere l'Africa come oggetto della nostra attenzione?

Già dieci anni fa, il Papa aveva dichiarato che l'Africa è un continente che sta andando alla deriva: "un'appendice senza importanza, spesso dimenticata e trascurata da tutti" (Ecclesia in Africa 40). 

Sembra che l'Africa stia scomparendo dall'orizzonte del mondo, nell'indifferenza generale. E' vittima della corruzione dei suoi dirigenti, ma anche dell'ingordigia di gente senza scrupolo, che viene dai paesi occidentali per saccheggiarla. E' come quel pover'uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico: ha un bisogno estremo di buoni samaritani che vadano in suo aiuto, dice ancora il Papa (n. 41). 

E' un paradosso insostenibile: un continente ricco che muore di fame e vive nel sottosviluppo. Chi è stato in Africa si chiede: perché l'Africa non riesce a vivere la sua indipendenza in pace? Perché non riesce a trovare la sua strada? Esiste in giro un certo "afro pessimismo". Si ritiene cioè che l'Africa non possa farcela, che essa sia destinata a retrocedere. Non è vero. Uno sforzo solidale potrebbe rimetterla in piedi.

Mantenere le promesse

La ragione più vera è che le promesse vanno mantenute per intero. Aiutiamo l'Africa a impiantare industrie e a lavorare, ma poi non le permettiamo di vendere sul mercato mondiale i suoi prodotti a prezzo equo e competitivo. Consigliamo la pace, ma continuiamo a vendere armi, per fare le guerre. Anche le nostre lacrime, versate sui genocidi, sull' AIDS ed altre epidemie, sono di coccodrillo.

Se l'Africa fosse trattata come un partner serio, se essa potesse liberarsi da quei dittatori che, invece, vengono appoggiati perché garantiscono gli interessi di certi gruppi..., allora l'Africa potrebbe ritrovare tutta la sua ricchezza umana e la sua forza di riscatto. Ritroverebbe il suo animo solidale e coraggioso, pieno di speranza e di risorse, tollerante e dialogico.

I portavoce dei vescovi di Europa e Africa hanno chiesto ai Paesi più industrializzati del pianeta, riuniti per il G8 ad Evian (Francia), una "nuova mobilitazione per il continente africano". Essi chiedono di dare "un sostegno pratico" al nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa (Nepad) "aumentando l'aiuto della cooperazione allo sviluppo e riducendo il debito dei Paesi in via di sviluppo". Auspicano anche che il G8 "aiuti i Paesi africani a mantenere i propri obblighi, per migliorare la governabilità interna", mettendo persone oneste alla guida dei propri governi.

Nella lettera di Berlino i vescovi chiedono che i Paesi del G8 e l'Unione Europea facciano qualche cosa per sbloccare i negoziati in seno all'Organizzazione mondiale del commercio riguardo a temi di "scottante urgenza per l'Africa", quali il commercio agricolo e l'accesso ai farmaci. "Questo - affermano - sarebbe un segno della loro determinazione a costruire un migliore sistema di governo mondiale basato sulla giustizia e sulla solidarietà".

Anche in Italia, il nostro Presidente della Repubblica ha fatto proposte simili.

Una bandiera per l'Africa

E' ora che si dia spazio ad una vera collaborazione in cui si dialoghi alla pari, in modo che "la globalizzazione diventi una opportunità per tutti e non solo per i più ricchi". E' ora che il nostro mondo si decida a dare una mano. Che vinciamo l'indifferenza e ci lasciamo coinvolgere seriamente.

Non sarebbe bene che sentissimo queste urgenze, come abbiamo sentito quella della pace per l'Iraq? Non potremmo mettere al nostro balcone la bandiera con la scritta "Africa"?  



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