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Un vertice... spuntato, Quando non si vuol decidere...

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Quando non si vuol decidere la cosa più necessaria... tutto il resto non serve a nulla. A distanza di qualche tempo dalla conclusione dell'ultimo vertice della FAO convocato a Roma per fronteggiare l'emergenza alimentare che affligge molte popolazioni del pianeta, abbiamo ancora l'amaro in bocca.

Al di là della spettacolare organizzazione, costata cifre che preferiamo non sapere, al di là delle denunce dell'intollerabile situazione in cui versano centinaia di milioni di persone, il vertice si è concluso con un nulla di fatto.

Il piatto resta vuoto

Noi missionari, testimoni di entrambi i mondi, quello dell'opulenza e quello della povertà, non possiamo davvero mandarla giù. È stata un'altra occasione sprecata. "La fame non si vince con questi dirigenti; il prezzo del cibo lo fissano solo le multinazionali" - ha detto l'economista indiana Vandana Shiva.

"Il vertice lascia il piatto vuoto", si leggeva sui giornali. Quest'ultima parola è del contro-vertice, "Terrapreta", organizzato dalle organizzazioni non governative e dalle associazioni dei piccoli produttori, riunitosi a Roma in concomitanza del vertice FAO. "Le conclusioni sono deludenti", ha detto un nostro politico.

Infatti, non si vede la fine della crisi: oggi le derrate alimentari, pur indispensabili, non sono più accessibili ai paesi poveri, ma questo non sembra inquietare molto i dirigenti del mondo che non sono riusciti a trovare una strategia comune. Con ragione, il presidente del Senegal Wadé ha chiamato il vertice un'inutile sceneggiata da non ripetere più.

È solo fumo negli occhi

Quando non c'è la volontà di porre rimedio alla crisi; quando a proporre le soluzioni sono quelle organizzazioni (Organizzazione mondiale del commercio) che l'hanno causata; quando il mondo sviluppato pensa solo al proprio profitto (vedi i bio carburanti che sottraggono terra all'agricoltura e cereali agli affamati del mondo), è chiaro che neppure un vertice al più alto livello troverà una soluzione: sarà solo inutile e costoso, oltre che mistificatorio. Allora proporre un Piano Marshall e una "rivoluzione verde" è solo fumo negli occhi per nascondere ciò che si è già deciso di fare o di non fare.

A noi missionari pare che il problema della fame non si risolverà con interventi di tipo assistenziale (pur necessari per salvare la gente, ma insufficienti per cambiare la situazione), né con i programmi del Millennio che non si attuano, e neppure con le banche di cereali pronte per le emergenze.

Un cambio su due fronti

Il problema della fame richiede finanziamenti e organizzazioni, ma a monte deve esserci un cambio di mentalità e di programmi da attuare sui due fronti. Mi spiego.

Nei paesi del Terzo mondo si deve certamente rilanciare l'agricoltura, non solo quella commerciale (cotone, tè, caffé...), ma quella alimentare, per dar da mangiare alla gente, facendo nello stesso tempo attenzione di mettere i paesi poveri in grado di gestirla da sé, sostenendoli semmai con interventi dall'esterno che non si sostituiscano all'azione locale, ma la rendano possibile; interventi verificabili nelle tappe della loro esecuzione e che non alimentino la corruzione dei politici. Questo sul fronte dei paesi poveri.

Sull'altro fronte, i paesi ricchi devono aprire finalmente i mercati internazionali ai paesi produttori del Terzomondo e consentire loro di vendere effettivamente i loro prodotti. Questo e solo questo rimetterà in moto quei paesi e li toglierà dalla situazione di sottosviluppo. Altri interventi saranno benefici, di tipo finanziario, tecnico e strutturale; ma questi due sono fondamentali.

Parole scomode e necessarie

Perciò urge un soprassalto di etica solidale, che ricordi a tutti che i beni della terra sono di tutti, prima di essere proprietà di qualcuno, perché il Creatore vuole che tutti i suoi figli abbiano da vivere e da mangiare. Se così non sarà, dovremo fare i conti con la rabbia dei poveri.

Il Papa ha ricordato nel suo messaggio che bisogna globalizzare non solo i mercati, ma anche la solidarietà. E noi missionari non ci stancheremo di dirlo: chi nasce ha il diritto di vivere!

Sono parole scomode e non proprio per il tempo di vacanze... Ma sono necessarie, se ci vogliamo dire cristiani, figli di un Padre comune.



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