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Un’attenzione autentica e mai formale

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Luisa Flisi, missionaria laica in Congo RD, collabora con i saveriani in Congo RD da molti anni. Nel 2010, a Brescia, ha ricevuto anche il premio missionario “Cuore Amico”. Ha rilasciato questa testimonianza al quotidiano “La Repubblica”, edizione di Parma.

Domenica 21 febbraio eravamo insieme, riuniti dall’Ambasciatore, una trentina di italiani impegnati in questa zona tormentata, o nelle Agenzie dell’Onu o come missionari. Luca lo faceva ogni volta che veniva a Goma, ricercando con noi una prossimità e un confronto autentici. Riuniti attorno a un tavolo per una cena semplice, è stata anche un’occasione per esporre intenzioni condivise, rivolte alla promozione di progetti per una cultura della pace.

Nel corso della serata, l’Ambasciatore è stato molto affettuoso con noi e al nostro arrivo ci è venuto incontro, riconoscendoci uno per uno e dandoci il benvenuto con un abbraccio. L’anno scorso era venuto a fare visita alla piccola comunità dove vivo con Antonina ed era rimasto colpito dalla semplicità della nostra vita, pur non mancandoci l’essenziale. Più volte, anche domenica sera, aveva invitato gli altri commensali a venire a trovarci. Con tutti, però, aveva questa attenzione autentica e mai formale. Nonostante il suo ruolo, l’Ambasciatore era una persona molto frugale e privilegiava chi si occupava degli ultimi, operando al loro fianco.

Non andava mai nei grandi alberghi e la sera prima, a Bukavu, aveva dormito dai saveriani, mentre qui a Goma alloggiava in una normale stanza del non blasonato hotel Mediterraneo dove, da tre anni ormai, ci riuniva per una semplice cena amicale. Forse, anche questa semplicità gli è costata la vita, perché lui non viaggiava mai con eccessive sicurezze. Sapeva di essere in una zona molto pericolosa, ma lo affrontava con coraggio dicendo: “La gente qui vive così ogni giorno”. Nella comunità degli italiani a Goma, l’ipotesi che circola con più insistenza è quella del tentativo di rapimento, allo scopo di ottenere un riscatto. Probabilmente, sono intervenuti elementi di disturbo non previsti e la situazione è precipitata tragicamente. Queste aggressioni sono un fenomeno molto diffuso qui, un grande flagello. I veicoli che passano su quella strada sono attaccati con frequenza e questa è una tragedia anche per la popolazione locale.

I gruppi che assaltano sono numerosi e sono poi gli stessi che si piazzano presso le miniere di oro e di coltan, in modo da condurre operazioni con le multinazionali, offrendo loro materie prime preziose in cambio di armi. È una faccenda sporca che dura da anni, nella quale l’Occidente, comprese Europa e Italia, ha molte responsabilità. L’impegno di Luca, a favore della popolazione del Congo RD, travalicava i suoi compiti istituzionali e si allargava a una viva collaborazione con tutte le persone impegnate nella cooperazione internazionale. Questo impegno/vocazione lo legava profondamente alla giovane moglie, che l’anno scorso lo aveva accompagnato in visita qui da noi.

Durante la cena, ha ripercorso serenamente i suoi sette anni di presenza in Africa, sempre mettendo in luce l’aspetto cooperativo di tanti e mai quello della propria azione individuale. Ci aveva anche comunicato che il mandato in Congo sarebbe terminato a settembre e, davanti al nostro evidente dispiacere, ha promesso che sarebbe tornato a visitarci un’ultima volta, portando con sé la sua bambina più grande. Poi, come un fratello, ci ha accompagnati uno alla volta alle nostre macchine, salutandoci ancora con un abbraccio.

Non dimentico affatto il carabiniere Vittorio che, nella correttezza del suo ruolo, è stato custode fedele di Luca, l’autista del PAM Milango, e tutte le vittime congolesi. Ci resta il ricordo di una profonda e luminosa umanità, vissuta da un diplomatico che ha saputo testimoniare, nello svolgimento della sua professione, l’impegno per una fraternità universale e una fede limpida in Gesù, nel quale credeva profondamente.



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