In estate sono state ricordate tre personalità ecclesiastiche di elevato livello spirituale e umano, che hanno contribuito, con il loro esempio e le loro opere, alla crescita di Reggio Calabria. Si tratta di tre uomini diversi per estrazione sociale e formazione culturale, ma uniti da profondo senso del religioso e del divino. Questo li ha portati ad accogliere pienamente il messaggio di Cristo e a rivolgere il loro amore verso la chiesa e l'umanità.
Giovedì 23 agosto, nel corso della presentazione dell'ultima opera teatrale di Oreste Arconte, “P. Catanoso Gaetano e i sacerdoti del cardinale Portanova”, è stata fatta memoria del canonico Giovanni Calabrò, di mons. Salvatore De Lorenzo e di p. Gaetano Catanoso, tre uomini attenti ai bisogni del prossimo. La loro opera ha avuto anche lo scopo principale di alleviare le sofferenze in un periodo molto triste per la vita della nostra città, colpita da un'endemica precarietà economica e poi dal disastroso sisma del 1908. Sono state portate a termine azioni importanti come l'istituzione della Cassa rurale, ad opera di Giovanni Calabrò, per sottrarre contadini ed artigiani all'usura. A mons. De Lorenzo sono dovute la Lega Angelica, impegnata nella lotta alla bestemmia e alla difesa dei valori cristiani, e la costruzione di una casa accoglienza per i bambini (in città esistevano orfanotrofi soltanto per bambine) senza un tetto dopo il terremoto. Il progetto si è potuto realizzare nel 1919, grazie alla generosa offerta della collina degli Angeli da parte di mons. De Lorenzo, che si è valso anche della cooperazione di don Orione e p. Catanoso.
Grande è stata anche l’opera di quest’ultimo, l'asinello di Dio”, (canonizzato il 23 ottobre 2005 da papa Benedetto XVI), protagonista di innumerevoli gesti di carità nella quotidiana sua missione. Fondò, nel 1934, la comunità delle “Suore Veroniche del Volto Santo”. Tutti e tre sono stati grandi educatori, maestri di vita civile e religiosa e, da pionieri pastorali, hanno saputo parlare con semplicità all’analfabeta e al colto intellettuale. I tre prelati sono stati ordinati da un altro grande uomo di cultura, il card. Gennaro Portanova, che li ammirò profondamente perché in loro aveva riconosciuto “la fame e la sete di Dio, la passione per l'uomo, un vivo zelo pastorale, un'elevata spiritualità e una vocazione all'umiltà ed al servizio”.
Ricordare queste tre colonne della chiesa reggina è stato un nobile gesto da parte di Oreste Arconte. Dei suoi protagonisti ha saputo cogliere l’animo nella spontaneità di un'amorevole relazione con tutti. Non manca il ruolo della donna che, malgrado non occupi posti decisionali nella chiesa, si rende spesso insostituibile nella concretizzazione del messaggio cristiano grazie alla sua sensibilità, alla dolce determinazione, al senso pratico. Sono citate infatti Elena Naldi, prima direttrice dell'Opera Antoniniana, e suor Maria Crocefissa Casacchia, fondatrice delle “Figlie della Carità”.
Il pubblico ha apprezzato l’interpretazione di alcune scene da parte di Giorgio Pangallo e Vincenza La Face, mentre Arconte ha fatto omaggio del suo lavoro.
