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Testimonianza dalla Sierra Leone

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"Vedo albeggiare un periodo di pace"

Padre Piero Lazzarini è un saveriano bergamasco di Torre Boldone . Ha lavorato per 21 anni in Sierra Leone. È stato anche superiore dei saveriani che lavorano in quella martoriata nazione. Ne ha viste e passate di tutti i colori, specialmente durante gli interminabili dieci anni di guerra civile. Ha passato un periodo di tempo anche nella vicina Guinea, nei campi profughi, per cercare di alleviare le loro sofferenze, difendere i loro diritti, predicare loro il vangelo, testimoniare la carità della chiesa.

Ho regolato l'orologio

Padre Piero è tornato a casa, per riposare. Torna ogni tre anni e quando lo vedo aggiusto l'orologio, perché lui è un uomo regolare. E così anch'io mi accorgo che il tempo passa.

Lo guardo, mentre mi parla, gli scruto il volto, perché gli voglio bene. Il suo viso è diventato nuovamente asciutto, spigoloso, infossato. Mi rendo conto che la Sierra Leone mangia la carne addosso alle persone. Ancora una volta gli basteranno due o tre mesi a casa di sue sorelle e il suo volto non sarà più un'offesa alla nostra opulenza.

Poi ripartirà di nuovo, perché lui sente che è là che deve vivere. Lo ripeteva sempre sua mamma, una donna alta, come lui; piena di fede e di poche parole, come lui.

Le parole di padre Piero sembrano come quei goccioloni dei temporali estivi di una volta, che rinfrescavano l'ambiente e ti davano un profondo benessere. "Sai, Lino, le cose stanno cambiando. Vedo albeggiare un nuovo periodo di pace in Sierra Leone. Le cose cambiano in modo sorprendente! Gli sforzi maggiori adesso sono per la ricostruzione e la riconciliazione".

Ricostruire e riconciliare

Alla ricostruzione sono molti a pensarci. Le varie Ong e i comitati governativi, le chiese protestanti e la chiesa cattolica aiutano efficacemente nella ricostruzione materiale, morale, scolastica ed economica del paese. Gli effetti sono ben visibili.

Padre Piero racconta anche le attività della Commissione per la verità e la riconciliazione, sul modello sperimentato in Sudafrica.

"Dietro la spinta dell'ONU, sono stati creati, in tutte le principali città del paese, dei comitati composti prevalentemente da persone sagge del luogo: uomini e donne capaci di convincere con dolcezza i responsabili a ravvedersi. Si tratta di individuare e persuadere individui colpevoli di crimini di guerra, di qualunque fazione o gruppo, a venire davanti alla comunità civile, raccontare la storia del loro coinvolgimento nella guerra, ammettere le loro colpe e chiedere perdono a Dio, alle vittime, alla società. Spesso questi individui sono essi stessi vittime della guerra, in quanto portati via con la forza, obbligati a combattere, sparare e uccidere sotto minaccia".

Un volto nuovo della missione

Padre Piero continua a raccontare: "Sai che non riesco ancora a crederci, per la rapidità con cui le cose cambiano. Ma le cose stanno proprio così. E l'aspetto bello è che non siamo solo noi, i missionari, o solo i cattolici a portare avanti queste iniziative così importanti dal punto di vista umano e sociale. Ci sono anche laici, protestanti, musulmani ... tante persone che aiutano a riconoscere le proprie colpe, a chiedere perdono, ottenere la pace sociale, dare un senso di speranza alla vita".

Mentre ascoltavo, mi pareva di sognare. Questo è un volto nuovo della missione. I valori umani e autentici del vangelo vengono percepiti e comunicati nella società umana che vuole la pacifica convivenza. È un segno che lo  spirito lavora nel cuore degli uomini di buona volontà.

Dio non paga il sabato

Ci racconta, sempre il padre Piero, di una scena alla quale ha assistito personalmente . È accaduta per le strade di Freetown, la capitale della Sierra Leone.

"Non tagliamogli le mani, è meglio perdonare"

Una ragazza si è imbattuta nel ragazzo soldato che quattro anni prima le aveva tagliato le mani con un coltellaccio. La ragazza agita in faccia al ragazzo, ormai cresciuto, i due moncherini e lo accusa: "Sei stato tu! Sei stato tu a tagliarmi le mani!". Il giovane tenta di dileguarsi tra la folla, ma lo raggiungono. Attorno al gruppetto che si agita, si raduna una piccola folla. "Tagliate le mani anche a lui e così giustizia sarà fatta! Ha tagliato le mani ad una ragazza. Che almeno si renda conto anche lui, di cosa significa non poter più usare le mani ... ".

Ad un certo momento, i genitori della ragazza hanno zittito tutti: "Perché tagliare le mani anche a lui? Non è sufficiente l'orrore che nostra figlia ha vissuto? Bisogna farlo provare anche a lui? Non è forse meglio perdonarlo? Se vogliamo che la pace avanzi, è meglio che perdoniamo!".

Padre Piero non sa se quei genitori siano cristiani o musulmani. Aggiunge: "Nonostante le brutalità subite, la gente non è incline alla vendetta. Di violenza ne hanno vista che basta! Ora si affidano a Dio: lasciano a Dio la giustizia, se giustizia va fatta ... Il loro profondo senso religioso li aiuta a operare la riconciliazione. È sorprendente, non ti pare?".

Tre anni fa ...

Padre Piero è ripartito per il suo paese natale di Torre Boldone. Ha in mente di celebrare il suo quarantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale e deve prepararsi.

A me, per caso, sono tornate fra le mani le pagine di un giornale di tre anni fa. Le leggo e mi rendo conto, anche da solo, che le prospettive in Sierra Leone sono davvero cambiate. Ecco cosa si leggeva, tre anni fa: "Si sa che i ragazzi soldato sono migliaia e che vengono arruolati da entrambe le parti in conflitto. Molti sono costretti, dai soldati o ribelli che entrano nelle scuole a fare razzia di ragazzi e ragazze. Altri invece chiedono di essere arruolati perché, nelle fila di un esercito, credono di trovare sicurezza e sostentamento. Per tutti, gli effetti sono devastanti. Per mandarli a combattere gli adulti li drogano, creando in loro una dipendenza dagli stupefacenti che difficilmente perderanno dopo la guerra. Ma soprattutto li usano come piccoli schiavi da impiegare nei lavori pesanti ... ".

Dentro di me risuona un proverbio dei tempi in cui la fede era sulla bocca di tutti: "Dio non paga il sabato". E proprio vero. Dio ha i suoi tempi. Ma quando Lui interviene, sa sempre trasformare il male in bene.

La stagione della Pace

La guerra, che durava da dieci anni, è finita. Grazie al negoziato e al dialogo: un incontrarsi e parlarsi con infinita pazienza e fiducia. I capi religiosi, tra cui ha avuto un ruolo preminente il nostro vescovo mons. Giorgio Biguzzi, hanno partecipato attivamente al negoziato. Ne sono stati quasi i protagonisti, perché visti da tutti, anche dai ribelli, come uomini di Dio; perciò, sinceri e degni di fiducia.

Anche le elezioni politiche, nel maggio del 2000, hanno contribuito a dare stabilità e sicurezza al paese. Si sono svolte in modo onesto e non sono state contestate.

Così è iniziato un capitolo nuovo nella storia della Sierra Leone. Un capitolo di ricostruzione e di riconciliazione. È un'occasione provvidenziale per scoprire nuovamente la nostra vera missione.

Tanti altri si stanno occupando della ricostruzione materiale, strutturale, sociale. E lo stanno facendo bene. Noi missionari abbiamo l'opportunità di dedicare tutte le nostre forze ad evangelizzare, a proporre la Buona Novella. Questa è la nostra missione specifica. Ce lo ricorda il Papa: "Il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità nel mondo odierno è l'evangelizzazione". (RM, 2)



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