Settimana del missionario: Un pò Sherlock Holmes, un pò nomade
In Mozambico il "tpc" (trabalho para casa) corrisponde ai nostri "compiti per casa" che il professore dà agli allievi. Un pomeriggio bussa alla porta António, uno studente portatore di handicap che si muove con un triciclo. Voleva due chiodi per il tpc che gli aveva dato la professoressa di educazione fisica. "Non devono essere piccoli né arrugginiti, altrimenti prendo l'insufficienza", mi dice. L'altro professore di ginnastica invece aveva chiesto agli alunni dei pali di legno alti un metro. Come mai?
Strani "compiti a casa"
Siccome molte scuole non hanno i mezzi economici per provvedere a tutte le necessità scolastiche, i professori dicono agli studenti di portare da casa, per esempio, la zappa per coltivare l'orto della scuola o i pali per fare il recinto e separare la scuola dalla strada, evitando che mucche e capre entrino.
Così ho pensato che i nostri professori di ginnastica, che insegnano alla scuola della missione, volessero costruire gli attrezzi ginnici con il materiale portato dai ragazzi (magari per il salto in alto!). Però ho notato che con 1.200 chiodi e 600 pali si potevano costruire attrezzi per la nostra scuola e quelle di tutta la provincia! Indagando, ho scoperto che i pali, in realtà, servivano a costruire la recinzione delle case dei professori.
Insomma, qui mi tocca fare il Sherlock Holmes per scoprire le birichinate dei professori. Per fortuna i problemi sono sempre di piccola entità. Ma insegnanti e studenti bisogna marcarli stretti, perché altrimenti possono sfuggirti parecchie cosucce... strane.
Il "riposo" del week end
Tutto questo fa parte del mio tran tran quotidiano dal lunedì al giovedì: seguo la scuola (facendo Sherlock Holmes!), insegno educazione morale nelle none e decime, incontro il direttore della scuola; inoltre, accolgo gli ospiti che vengono a visitarmi dalle comunità circostanti e faccio altri lavoretti vari.
Poi inizia la fine della settimana, che trascorro sempre fuori dalla missione. Vado a visitare le comunità cristiane (adesso sono 86 e altre quattro sono in arrivo) sparpagliate nella zona e così... mi riposo. Parto il venerdì mattina e rientro la domenica pomeriggio. Mi accompagna sempre Zacarias, un catechista che vive con la famiglia (o meglio la tribù, visto che ha nove figli) sul terreno della missione. È un uomo prezioso perché sa animare, cantare e spiegare le letture bibliche; praticamente fa l'attività che noi chiamiamo "inculturazione".
La Messa della domenica
Ho detto che "mi riposo", perché il posto dove dormo meglio è nelle capanne che i cristiani costruiscono per noi accanto alla chiesetta (anch'essa una capanna). Quando vedo il sole che comincia a illuminare la savana, grandi distese senza strade e senza macchine, senza case né cemento, allora ringrazio il Signore per avermi fatto venire in Africa.
Ma mi diverto anche. Basta assistere allo spettacolo dei bambini che giocano, con i loro schiamazzi e le corse, o quando mi circondano per ricevere una caramella o per scambiare qualche parola con un "nzungu" (bianco), che in queste zone remote sono molto rari.
La domenica celebro la Messa, nella quale si fa il riassunto delle attività catechistiche. Il riassunto non è solo a parole, ma si fanno processioni, canti, recite e quant'altro aiuti a partecipare, memorizzare e interiorizzare la lezione. La celebrazione della domenica è sempre molto partecipata e festosa, grazie a canti e danze. Il tutto, in mezzo alla natura e all'ombra degli alberi.