“Sembro un… pellerossa!”
Scrivo da Yaoundé, capitale del Camerun. Da alcuni mesi mi trovo nella comunità dei giovani saveriani che si preparano alla missione. Siamo in periferia, nel quartiere di Oyom Abang, lontano dal centro della città. Per arrivarci bisogna superare molti ostacoli: il traffico caotico, le numerose buche sulla strada, la polizia (che ti ferma per spillare denaro), le tante persone che camminano ai bordi delle strade, un fiume umano soprattutto il mattino e la sera. Guidando, bisogna avere gli occhi dappertutto!
Spesso, per andare in centro città, uso la moto o prendo il moto-taxi: si svicola meglio nel traffico. Ma quanta polvere! La gente riempie le buche con il fango preso dai canali delle “acque nere”, che si trovano ai lati delle strade. Fango da terra rossa. Vi lascio immaginare lo spettacolo: quando torno a casa, sembro un… pellerossa!
Con i giovani studenti
Il mio servizio è aiutare il rettore nella formazione dei giovani saveriani, e il parroco nell’attività missionaria. Vivo con dodici giovanotti, tutti saveriani, che si preparano al sacerdozio e alla missione con gli studi di teologia. Sono di cinque nazionalità e, tra questi, c'è anche un italiano: Diego Pirani di Ancona.
I saveriani adulti, che “tirano la carretta” sono tre: p. Franco Sana (bergamasco), p. Angel De La Victoria (spagnolo) e io (comasco). I giorni corrono, senza sosta. Abbiamo vissuto le cerimonie e le feste (africane!) di due confratelli burundesi ammessi alla professione religiosa e al diaconato. Feste che riempiono il cuore...
Le tradizioni degli ewondo
Conosco già un buon numero di persone. Molti appartengono all’etnia Beti, del clan degli Ewondo. La loro lingua è complicata. Sto cercando di imparare almeno a leggerla, con la pronuncia di nuovi suoni ed espressioni vocali.
Conoscere le persone non è difficile: sono loro che si fanno conoscere. Altra cosa è conoscere il loro mondo culturale, il loro stile di vita, le loro credenze ancestrali…
Sto leggendo alcuni libri di antropologia culturale scritti sugli ewondo: un mondo lontano dalla nostra cultura e dalla religione cristiana, anche se molti di loro sono battezzati e la maggior parte è cattolica.
La lotta delle mamme
Ho cominciato a guidare gli incontri di formazione e ritiri spirituali per gli adulti. La partecipazione è buona e ormai mi sento abbastanza “dentro” la realtà di Oyom Abang. Ho fatto il proposito di ascoltare la gente e mi impressionano le mamme che lottano (la parola è giusta!) per racimolare un po’ di soldi per vivere.
Sono davvero sacrifici molto grandi quelli vissuti delle mamme per crescere e far studiare i loro figli. Molte di loro vivono, dal mattino al tardo pomeriggio, in un angolo del mercato, vendendo il necessario per cucinare, oppure cucendo qualche vestito o facendo acconciature femminili.
In periferia mi trovo bene
Il grande problema, oltre a quello della povertà, è il gran numero di ragazze madri. Per i giovani che frequentano la parrocchia non manca mai la proposta di una “educazione alla vita e all’amore”. Laici preparati e disposti ad accompagnare adolescenti e giovani in questa fase della vita tengono colloqui su temi importanti, come l’affettività e la sessualità.
Volendo inserirmi in questa nuova realtà, devo conoscere anche la chiesa locale.
Per questo partecipo agli incontri di zona e all’incontro con il nuovo arcivescovo. Ho anche incontrato il nunzio del papa in Camerun, scambiando con lui alcuni pareri su aspetti della chiesa cattolica in Camerun.
Termino rassicurandovi che sto bene e che la vita nella periferia di Yaoundé non mi crea alcun problema.
Sono proprio contento di essere tornato in Africa. Sì, ho molto da fare; ma se faccio, significa che sto bene. Ed è proprio così!