S. Paolo e l’annuncio del Vangelo
Nei suoi scritti, S. Paolo appare costantemente animato da tre motivazioni che lo spingono ad annunciare il Vangelo: la preoccupazione della salvezza; la responsabilità verso Cristo che lo ha gratuitamente accolto e verso coloro cui è inviato; la riconoscenza per la misericordia piena di amore che Dio ha avuto nei suoi confronti.
La preoccupazione della salvezza. Il Vangelo è una buona notizia rivolta a gente che ha peccato, che è senza scuse e che merita il giudizio di Dio, ma a cui Dio, nella sua bontà, offre la possibilità di pentirsi. Paolo si sente ambasciatore di Cristo: “In nome di Dio, ve ne supplico, lasciatevi riconciliare con Cristo”. La salvezza, per Paolo, è l’esperienza di una liberazione non meritata, grazie all’incontro con il Dio, Padre di Gesù Cristo. Paolo sente la missione di condurre gli uomini alla salvezza di Cristo.
La responsabilità. La sollecitudine di Paolo verso i non cristiani si manifesta nella coscienza acuta dell’obbligo di proclamare loro il Vangelo. È una necessità ineludibile: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Varie volte afferma di sentirsi in debito. Per cogliere tale responsabilità missionaria, è utile richiamare quanto dice a proposito del comportamento dei credenti verso “quelli di fuori”. Devono innanzitutto prendere coscienza di costituire una comunità di natura speciale, differente. Chiama i cristiani “scelti, amati, santi, conosciuti da Dio”. Inoltre, ricorda spesso che la testimonianza verso “quelli di fuori” esige una condotta esemplare di rispetto, di amore concreto verso tutti, che non solo attiri stima e ammirazione, ma addirittura inviti ad entrare nella comunità.
In altre parole, la caratteristica delle prime comunità cristiane è uno stile di vita “attrattivo”: relazioni reciproche di attenzione e solidarietà, intense e ricche di emotività (nella sola prima Lettera ai Tessalonicesi chiama 18 volte i cristiani “fratelli”), di integrazione sociale tra ricchi e poveri. L’opera di riconciliazione realizzata da Cristo dà vita ad un nuovo corpo, in cui le relazioni umane sono trasformate.
La riconoscenza. Siamo nella più profonda motivazione missionaria di Paolo. Se va fino alle estremità della terra è perché è stato ammaliato dall’esperienza dell’amore di Dio in Gesù, “il Figlio di Dio, che mi ama e che ha dato sé stesso per me”. È facendosi missionario presso i giudei e i pagani che Paolo esprime la sua riconoscenza. Per parlare di questo “debito di riconoscenza”, suo e dei fratelli e sorelle nella fede, Paolo usa a volte un linguaggio del culto. Vuole esprimere l’idea di un’offerta “fatta per amore”, grazie alla misericordia di Dio manifestata in Cristo, di cui lui e le sue comunità si sentono beneficiari.
È una misericordia piena di amore, che “ci ha riconciliati con Dio mentre ancora gli eravamo nemici”. È questo amore incredibile e senza misura che Paolo e le sue comunità hanno scoperto. Il coraggio di essere differenti dalla società che li circonda, nella vita di tutti i giorni, in vista della salvezza degli altri: ecco la risposta all’immenso debito di riconoscenza.
Paolo e le prime comunità cristiane ci siano di esempio per assumere anche noi, con decisione e amore, la missione di essere cristiani oggi.
Gli incontri del Corso di Spiritualità Missionaria sono aperti a tutti, due giovedì al mese, alle 20.30. Si richiede il Green pass. Ai partecipanti è offerto il testo scritto. Ecco i prossimi appuntamenti, che si terranno sempre dai saveriani di Desio, in via don Milani 2 (angolo via per Binzago). Per iscrizioni, anche a singoli incontri: 0362 625035 (da lunedì a sabato, dalle 14,30 alle 19).
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