“Rimettere la spada nel fodero”
Gentile direttore,
sono un vostro lettore e vorrei farvi i complimenti per aver dedicato il "paginone" del numero di agosto/settembre allo spinoso tema degli armamenti. Quello della riduzione delle spese militari e delle modalità di risoluzione nonviolenta dei conflitti pare argomento uscito dall'agenda politica e dal dibattito nell'opinione pubblica, mentre purtroppo ha ancora molto a che fare con noi, non solo sul tema pace-guerre, ma anche su quello dei migranti e dei cambiamenti climatici.
La lobby militar-industriale invece riesce a fare sì che non si colleghino le cose e alla fine le "preoccupazioni" di chi vive nei Paesi del più ricco Nord del mondo si concentrano solo sul contenere o respingere chi scappa dal suo destino più a Sud.
Grazie quindi per questa “controinformazione”… vi chiederei di soffermarvi anche sul Libro Bianco della Difesa approvato quest'anno dal Consiglio dei Ministri e sul rifiuto dell'Italia a firmare l'accordo Onu della messa al bando delle armi nucleari.
La Campagna “Un’altra difesa è possibile” ci fa capire da quali reali minacce la sicurezza del nostro Paese deve essere difesa: precarietà, mafie, dissesto idrogeologico, terremoti. Mentre il mercato dell’industria bellica nazionale e non, alle quali il bilancio dello Stato versa ingenti somme sottratte alle altre “difese”, è sempre più florida.
Raffaele Barbiero, Forlì
Caro Raffaele
le forze missionarie affrontano anche questi temi “scomodi”, nella speranza di suscitare un dibattito, che porti, prima o poi, a cambiamenti concreti. Nel paginone abbiamo affrontato un tema delicato, grazie alla competenza di Giorgio Beretta. Ricordiamo anche l’impegno avviato negli anno ’90 da p. Marcello Storgato (e da Mine Action) contro le mine. Chi lo avrebbe detto che, un giorno, sarebbero state bandite? Ci vuole fiducia.
L’importante è seminare, smuovere le acque, avviare processi più che conquistare spazi (papa Francesco). Prima o poi i frutti arrivano. Confidiamo anche nell’aiuto di tante persone di buona volontà che credono nella fraternità. Come credenti confidiamo pure nella forza (misteriosa, ma reale) della preghiera, capace di cambiare i cuori e smuovere le montagne. Per approfondire, consultate i siti internet: www.opalbrescia.org; www.unimondo.org; www.beati.eu.
Vorrei riprendere il tema da te accennato della non violenza. Con il terrorismo aumenta la paura dell’altro. I nostri linguaggi, a volte, generano risentimento, e così la diamo vinta ai violenti. Per papa Francesco per vincere il terrorismo occorre invece non voler prendere le distanze dagli altri. Come discepoli di Gesù, rimettiamo la spada nel fodero, puntiamo cioè sulla fraternità.
Rispondiamo al male con il bene (Rm 12,17-21), contrapponendo un “di più” di bontà che viene da Dio. Così si spezza la catena dell’ingiustizia. “La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità” (Benedetto XVI).
Amare i propri nemici (Lc 6,27) non è arrendersi al male, ma rispondere al male con il bene (Rm 12,17-21), spezzando così la catena dell’ingiustizia. La recente visita del papa in Colombia ha dato speranza, invitando tutti a riconciliarsi. Senza perdono non c’è futuro. La non violenza, seguita da Gesù, non è affatto resa. Richiede, invece, molto coraggio, amore, e lasciarsi guarire dalla misericordia di Dio. La non violenza attiva mostra che “davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto”. Madre Teresa diceva: “Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri”.