Raphael, studente di Pisa
Breve Intervista
Che cosa ti ha spinto a venire in Italia? Come sei stato accolto?
Erano già due anni che studiavo all’università di Yaoundé, la capitale del mio Paese (Cameroun): scienze naturali. Ma la facoltà non mi piaceva, perché un futuro lavorativo non lo intravedevo con questo orientamento. Le facoltà a orientamento più professionale, come medicina e ingegneria, avevano il numero chiuso.
Purtroppo, durante il primo anno all’università di Yaoundé ci sono stati molti scioperi e l’anno accademico ha rischiato di non concludersi. Anche durante il mio secondo anno di studio gli scioperi mettevano spesso in crisi lo studio, perché il Governo camerunense non riusciva a risolvere i problemi per cui gli studenti protestavano. Allora ho fatto domanda all’ambasciata italiana e a quella francese. E l’Italia, il Paese di cui avevo qualche conoscenza, m’ha dato il visto di studio per la chimica e tecnologia farmaceutica all’università di Pisa. Non è stato facile inserirmi, soprattutto perché l’italiano non lo sapevo parlare e l’ho dovuto studiare in fretta a Perugia in due mesi. E già lì con tutte le spese affrontate, avevo capito che non avrei avuto vita facile, in un Paese che non era il mio, con una cultura molto diversa e soprattutto con un livello di vita molto superiore.
Quali le maggiori difficoltà che hai incontrato?
Il costo della vita molto elevato; in Italia gli studenti stranieri non hanno diritto a lavorare e questo ci complica molto la vita perché siamo costretti a chiedere aiuto a persone che possono capire oppure a organizzazioni come la Caritas.
Che cosa ti manca di più e quali progetti hai per il futuro?
Mi mancano soprattutto la famiglia, i miei amici e il mio ambiente. Non so di preciso cosa farò, perché la vita cambia continuamente; mi piacerebbe tornare in Africa, se avessi un posto di lavoro sicuro. Ma può darsi che io sia costretto a spostarmi in un altro Paese, magari lasciando anche l’Italia per trovare un lavoro.