Quando Dio entra nella vita, Missionari congolesi: una sottrazione?
Pierre è un giovane saveriano congolese, da poco arrivato in Italia per studiare teologia a Parma. Ci ha mandato questa riflessione sulla vocazione missionaria, che volentieri pubblichiamo.
Fa impressione veder partire dal Congo diversi giovani, generosi o privilegiati, che decidono di diventare missionari e di andare a predicare altrove il vangelo.
Ma è proprio adesso il momento giusto?
La repubblica democratica del Congo ha conosciuto conflitti armati e crisi politiche. Ci sono voluti grandi sforzi di tutti per uscirne, spingendo i belligeranti al negoziato e alla formazione di un governo unitario di transizione (2003), allo scopo di organizzare le elezioni (2006).
Il risveglio c'è
Oggi il Paese è dotato di istituzioni elette democraticamente, anche se i recenti fatti nel nord Kivu sono preoccupanti e drammatici: sembra essere tornati indietro nel tempo. Però, tutti i cittadini congolesi sanno che ormai è il momento di contribuire alla ricostruzione. Sanno di doverlo fare e lo vogliono, specialmente i giovani. Fra questi, tanti riempiono le università, nelle facoltà di diritto, medicina, ingegneria, scienze politiche, economia, informatica, relazioni internazionali, pedagogia... Lo fanno soprattutto per rendersi utili.
Tanti altri desiderano imparare mestieri artigianali o pratici. Qualcuno si arruola nell'esercito nazionale per difendere la popolazione; qualcun altro segue la linea del sindacato o della società civile per controllare le azioni dei governanti... Insomma, fra i giovani è in atto una mobilitazione generale - spontanea, imparata dalla storia - verso una crescita generale.
Un'obiezione importante
In questo clima, alcuni giovani "si sottraggono", si ritirano dalla scena per prepararsi a diventare missionari. Tra qualche anno andranno via lontano, per l'evangelizzazione: in Bangladesh o in Ciad, in Italia o in Camerun, in Cina o in Usa, in Indonesia o nell'Amazzonia brasiliana. Vi chiederete: cosa vanno a fare e perché mai, quando c'è ancora tanto bisogno in casa propria?
Un mio connazionale mi fa un'osservazione: "Non solo questi giovani mancano all'appello in un momento così importante, ma anche i missionari che li prendono sono abbastanza furbi nel sceglierli. Accolgono solo gli studenti più validi, coloro che sarebbero in grado di realizzare un'opera di valore per il Congo".
Gli faccio presente che una buona selezione ci vuole, perché l'evangelizzazione è una cosa seria ed esigente! Ma il mio interlocutore in tutto questo vede comunque una "sottrazione", uno spreco, per non dire un furto...
Un'intrusione seducente
In realtà, sulla scelta missionaria un giovane deve riflettere seduto - o magari in ginocchio - davanti al Crocefisso. Solo allora egli si renderà conto che c'è stato l'ingresso di Dio nei suoi progetti e nei doveri di coscienza verso la propria nazione. Questa "geniale improvvisata" di Dio ha sconvolto tutto, facendo perdere la testa e trascinando il cuore a un entusiasmo diverso: portare il vangelo ai lontani. In pratica, è come innamorarsi.
Una partenza come questa, provocata da un'intrusione divina seducente e inaspettata, non è uno scherzo; non è neppure una pretesa, ma un sacrificarsi. D'altronde, "quando il mistero è così sovraccarico, non si osa disubbidire", pensa l'aviatore di Saint Exupéry all'apparizione del piccolo principe nel deserto, a mille miglia da ogni abitazione umana, dopo aver richiesto il disegno di una pecora. E san Paolo scrive: "Non è per me un vanto predicare il vangelo: è un dovere!".
Possano sempre esistere annunciatori del vangelo... anche africani e congolesi!