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Con Gesù risorto, nel mondo

A giorni si terrà a Verona il IV Convegno della chiesa italiana. Le comunità cristiane intendono chiarire e ribadire il ruolo che devono svolgere nel contesto della realtà storica del nostro Paese. In altre parole, la chiesa italiana vuole ritrovare la sua missione di testimone “credibile” del Signore risorto, attraverso una vita rinnovata e capace di introdurre speranza in un mondo diventato piccolo come un “villaggio globale”, ma disorientato dall’incertezza sui valori, da una fede debole e dalla paura della violenza che sempre più dilaga.

In realtà, la stessa chiesa nel nostro Paese sembra sprovveduta e quasi senza risposte, davanti alle sfide di un mondo che ha smarrito le coordinate del suo andare.

Cose belle e cose oscure

Ci sono delle belle realtà che caratterizzano il mondo italiano oggi. C’è desiderio di autenticità, e di religiosità, di prossimità e di solidarietà. Ci sono le possibilità della comunicazione e le conquiste della scienza a vantaggio dell’uomo. C’è l’impegno per i più poveri, che si esprime nel volontariato interno e internazionale. Ci sono ancora figure splendide, come don Puglisi, don Santoro, Annalena Tonelli e i tanti missionari che hanno dato la vita in questi ultimi tempi.

Ma ci sono altrettanti segni che preoccupano. Il crescere della povertà, la corruzione politica e finanziaria, la criminalità, il disinteresse del bene comune, la mancanza di rispetto per la vita, e non solo quella iniziale e terminale, ma anche l’indifferenza per un mondo che muore di fame, di malattie e di guerra, la disoccupazione e la precarietà del lavoro con l’incertezza per il domani. Sul versante religioso, la disaffezione per la pratica religiosa, la caduta e la perdita del senso morale e della responsabilità, l’incertezza sui valori etici da proporre e trasmettere, l’incapacità degli educatori e dei pastori di farsi ascoltare, fino all’insignificanza di una chiesa che non ha più voce per gridare contro le ingiustizie, forse perché s’è esaurita nel combattere solo certi peccati e non altri, altrettanto gravi.

La caduta della speranza

Tutto questo produce e induce l’impressione che il bene, la fede, la religione non abbiano più molto da dire. Il peggio è che tutto questo si accompagna con la caduta della speranza e la rassegnazione di molti, che pure vorrebbero e dovrebbero esserne portatori ed apostoli. Abbiamo bisogno, come cristiani, di recuperare le “ragioni della speranza” che sono in noi.

Perciò, ben venga il Convegno di Verona. Noi missionari sentiamo che esso potrà essere un salutare scossone alle comunità ecclesiali. Annunziare Cristo risorto è il nucleo della missione, un messaggio che è in grado - e noi missionari ne siamo testimoni - di rinnovare i popoli e le culture, quando viene fatto in modo tempestivo, coraggioso e coerente. Infatti a noi sembra che le comunità italiane siano assuefatte alla Parola e alla celebrazione del Mistero pasquale. La Pasqua deve tornare ad essere la riserva di speranza e la memoria sovversiva, che stimola a rinnovare i cuori e le strutture, come avviene nelle nuove chiese di missione.

Un popolo missionario

Perché ciò avvenga anche qui da noi, i pastori e le chiese dovranno sostenere le forze vive del cambiamento e non della conservazione; mettersi dalla parte dei più poveri, senza domandarsi se sono dei “nostri” o di altra religione; alzare la voce per chiedere qui legalità e giustizia, insieme a una ripresa della cooperazione con i Paesi poveri, denunciando coraggiosamente l’emarginazione.

Le comunità cristiane fanno bene a chiedere che siano affermate le radici cristiane dell’Europa, ma nello stesso tempo, devono vegliare affinché la prassi e le leggi europee siano in linea con i valori cristiani della solidarietà e della pace.

Solo in questo modo la chiesa italiana sarà testimone del Risorto e sosterrà la speranza degli italiani. Così ritroverà la sua vera natura di chiesa: un popolo autenticamente missionario a servizio di Dio e del mondo. Sarà di nuovo una chiesa “serva e povera”, distaccata dal potere e dalle sicurezze mondane, libera da pericolosi collateralismi, in grado di dire una parola credibile di speranza.

Il Convegno di Verona non sia, allora, una semplice “celebrazione”, ma la ripresa della vera missione della chiesa.



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