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Pioniere della missione in Ciad

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Padre Gianfranco Sana, saveriano bergamasco di Ponte San Pietro, è il nuovo economo della comunità saveriana di Brescia. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.

Come hai conosciuto i saveriani?

Avevo espresso l’intenzione di diventare missionario al prete del mio paese. Lui, che aveva una sorella saveriana - Teresina Paiocchi - mi ha fatto conoscere i saveriani. Ma la vocazione nasceva anche dal mio interesse per l’Africa. Erano i tempi di “Africa 70”, un gruppo di laici bergamaschi che organizzava mostre per sostenere progetti in Burundi. Ho deciso a 22 anni e, dopo il cammino di formazione, sono stato ordinato prete a Parma nel 1980.

Poi subito la partenza?

Sì. Avrei dovuto andare in Congo, ma a Natale del 1981 i saveriani sono stati espulsi dal Burundi. Ero a Parigi per imparare il francese, quando arrivò p. Meo Elia e ci spiegò che stavano cercando volontari per aprire una nuova missione in Camerun e Ciad. Mi sono reso disponibile e nel 1982 sono partito per il Ciad con p. Sergio Favarin e p. Romano Vidal: tre pionieri!

Cosa avete trovato?

La missione era stata iniziata da poco dagli “Oblati di Maria”. Le comunità erano piccole, in ambienti di prima evangelizzazione. La località si chiamava Gunu-Gaya. I primi 5 anni sono stati duri: la zona affidataci era molto vasta (circa 100 villaggi) e abbandonata dal punto di vista dell’evangelizzazione. Era proprio una chiesa degli inizi.

Cosa avete fatto?

Abbiamo organizzato il catecumenato con la gente che arrivava dalle varie comunità, sperimentando il metodo della trasmissione orale del vangelo per preparare i catechisti. Questo ci ha aiutato a imparare bene la lingua mussey.

Poi?

Sono andato in Camerun, appena al di là della frontiera, dove vive la stessa etnia con cui ho lavorato quattro anni. Poi sono sceso a sud nella città di Douala, vivendo prima in parrocchia e in seguito per dodici anni nella formazione degli studenti aspiranti saveriani. Infine, per sette anni mi sono dedicato alla pastorale in una parrocchia di Yaoundé, dove vive la comunità saveriana degli studenti di teologia. Due di loro sono ora animatori missionari in Italia: p. François a Salerno e p. Serge ad Ancona.

Ci sono differenze tra Ciad e Camerun?

Enormi, così come ci sono grandi differenze all’interno del Camerun. A sud è in atto la seconda evangelizzazione; a nord si è più indietro. La stessa cosa vale dal punto di vista sociale ed economico. Anche nelle città del sud ci sono situazioni difficili, dovute alla povertà e ad altri problemi, ma si vive meglio e la gente arriva lì dalle montagne per trovare lavoro.

Un bilancio della vita missionaria!

A me è piaciuta molto l’attività pastorale, perché i rapporti con la gente sono intensi. Nella formazione c’è meno scambio, ma è un servizio importante per il futuro della missione.

Com’è stato il rientro?

Il rientro è stato positivo. Le forze iniziavano a diminuire, ma credo che in Italia posso ancora dare qualcosa. Sono contento di essere a Brescia. Svolgerò il ruolo di economo, ma preferisco lavorare in ambito pastorale. Vado volentieri nelle parrocchie, anche per incontrare i gruppi missionari. La chiesa bresciana mi sembra una realtà vivace.

Che Italia ha ritrovato?

Dal punto di vista umano e religioso trovo cambiamenti molto forti: i rapporti umani si sono impoveriti e tanti fattori contribuiscono all’isolamento delle persone. Constato anche una diminuzione della fede religiosa. Non immaginavo un esodo di migranti di queste dimensioni, ma forse il problema è che tra la nostra gente fa fatica a passare l’idea di condividere i nostri beni con i poveri.



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