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Pellegrino sì, ma non peregrino, Riflessioni dopo la Terrasanta

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Sono tornato dalla Terrasanta dove ho pellegrinato insieme a 26 missionari che hanno partecipato al corso di tre mesi nel centro saveriano di spiritualità a Tavernerio. Il corso si conclude sempre con il pellegrinaggio in Terrasanta. Che privilegio essere missionario-pellegrino in quella Terra!

Ho cominciato da bambino

Ricordo che il primo pellegrino dal quale mi sono lasciato affascinare da bambino si chiamava proprio p. Angelo Pellegrino, parroco alla Catena di San Cataldo (CL). Avevo appena sei o sette anni, ma lo volli come mio padrino di Comunione e Cresima. Ricordo che il povero p. Pellegrino dovette chiedere un permesso speciale al vescovo, perché non si poteva... E così cominciò a frequentare la campagna del suo compare Paolo Anzalone e ogni tanto, per Pasqua e per Natale, mi invitava a pranzo a casa sua.

Fu così che iniziò il mio primo pellegrinaggio dalla campagna di mio padre - distante sei chilometri - alla parrocchia della Catena, per servire da chierichetto al mio padrino p. Pellegrino. In seguito fu lui a convincere i miei a lasciarmi entrare in seminario a Caltanissetta, e quando a 17 anni entrai nel noviziato dei saveriani, venne a trovarmi a Ravenna.

"Pellegrino": un nome e un programma! Padre Angelo ha finito il suo pellegrinaggio terreno da molti anni, ma lo sento vicino ancora oggi nel mio pellegrinare.

Uno strano effetto

Non parlo poi dei miei pellegrinaggi amazzonici nelle comunità rurali di Abaeté, Barcarena, Tucumã, a piedi, in barca o a cavallo! Credo che la vita di ciascuno di noi possa essere intesa come "vita di pellegrini". Però, si può anche pellegrinare a zonzo, senza una meta, una guida. Si può vivere senza dare un senso alla vita, un po' come peregrini... smarriti.

Il capitolo 25 del vangelo di Matteo chiama "benedetti" o "maledetti" coloro che hanno riconosciuto o meno Gesù nel volto di chi hanno trovato lungo il cammino della loro vita. Rileggere certe pagine del vangelo a Nazareth, a Betlemme, a Gerusalemme, sul lago di Tiberiade, nel deserto di Giuda, nel giardino degli ulivi, fa un certo effetto che non so spiegare.

Il deserto può rifiorire

A un compagno di viaggio ho chiesto due foto: una nel deserto e l'altra nel giardino degli ulivi. Pensandoci bene, i due luoghi sono il simbolo dell'esistenza mia e vostra, come lo sono stati per Cristo, e prima ancora per patriarchi e profeti.

Nel deserto biblico, tutto comincia ai tempi di Mosè quando un'accozzaglia di tribù marginali diventa un "popolo in cammino". Proprio là mi sono ricordato del bel canto delle comunità ecclesiali brasiliane: "O povo de Deus no deserto andava...". I profeti, poi, richiamano l'esperienza del deserto per far ripartire il popolo infedele con una nuova Alleanza, e trasformare il deserto in giardino. Anche Gesù comincia con la vittoria sul "tentatore" proprio nel deserto, e là conduce il popolo per sfamarlo con il suo pane di vita.

Ma è possibile far fiorire il deserto? Sì, basta trovare una sorgente come a Gerico, l'oasi più grande, la città più antica del mondo: 8mila anni prima di Cristo!

Il volto di Cristo

L'ulivo del Getzemani ha ancora virgulti belli e lussureggianti. Non so parlare con le piante, ma mi veniva voglia di chiedergli: com'era il volto di Cristo sudato di sangue, su quella pietra vicina (oggi inclusa nella basilica)?

So bene che se voglio sapere com'è il volto di Cristo, mi basta riconoscerlo nei tanti poveri Cristi che sudano sangue tutti i giorni, anche in quelle terre dove c'è un muro di nove metri in cemento armato, a separare israeliani da palestinesi. Contraddizioni e contrasti, abusi di potere e discriminazioni, mafia e corruzione: tutti elementi che fanno scorrere gocce di sangue su quella terra che pure può diventare un giardino, con ulivi secolari!

La speranza è un'oasi di pace

Sono andato anche alla grotta di Betlemme. Mi sono camuffato da "ortodosso" alle 5 del mattino, e sono entrato con un gruppo di russi. Durante il giorno era impossibile: c'erano almeno due ore di fila da fare... Anche al santo Sepolcro, alle 5 del mattino, ho abbassato la testa per entrare un momento e ricordare tutti gli amici!

Sto scambiando Natale per Pasqua? Anche Luca nel suo vangelo rilegge l'infanzia di Gesù alla luce della sua Pasqua, tanto che Simeone dice alla Madre: "Ecco, una spada trapasserà la tua anima, affinché vengano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,34-35). Insomma, è appena nato e già s'intravede la spada, cioè la croce, la vita donata per amore. E la pace, dov'è? È possibile trasformare il deserto del cuore umano in giardino?

Sì, è possibile! L'ho toccato con mano all'Oasi della pace (http://www.oasidipace.org/" style="color: rgb(91, 39, 0);">http://www.oasidipace.org/), il villaggio Nevé Shalom a metà strada tra Tel Aviv e Gerusalemme, formato da trenta famiglie palestinesi e trenta ebree, dove i bambini vanno nella stessa scuola, unica bilingue in tutto Israele.

Ogni fine settimana, giovani e adulti si confrontano con il conflitto israelo-palestinese. Nel rispetto e nella serenità, con il cuore disarmato, cercano di capire i motivi di questa guerra che è chiamata da qualcuno "madre di tutte le guerre"! Negli ultimi anni, sono passati quasi 50mila persone nella scuola della pace.

I saveriani un po' di tempo fa hanno dato il loro contributo a questo progetto educativo con la rivista "Cem Mondialità". Oggi è una piccola pianta, un segno di speranza.

Come missionario pellegrino auguro a tutti per il 2011 un anno di pace!



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