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Pasqua è solo cioccolata al latte o fondente?

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Ho sempre ritenuto affascinante il periodo Pasquale, dalla domenica delle Palme in poi… La Settimana Santa è un crescendo che può davvero aiutare la nostra riflessione spirituale ad entrare nel mistero della morte e nella speranza della Resurrezione. Non c’è l’esplosione magica del Natale, non ci sono le luci nelle strade, i regali e le feste infinite con i ritrovi di famiglia. Del resto, anche la saggezza popolare dice “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi…”. Di solito la primavera è pronta a farsi largo con sempre più anticipo. E questo senso di rinascita coinvolge la natura e dovrebbe allargarsi anche a noi. Rispetto ad un venire alla luce che, solitamente, è gioia pura, non sempre è accettabile e comprensibile dover morire per poter… rinascere. Del resto, dalla morte sembriamo circondati. Si muore sulla strada, sul lavoro, in assurde e cruente guerre, in mare, per sempre più terribili fenomeni naturali, in famiglia per mano di chi ritenevamo insospettabile. E tutto questo ‘morire’ ci è sbattuto in faccia, in un’eterna prima pagina.  
Dall’altra parte, la morte è esorcizzata in ogni modo. Se ne parla, ma in una società che può tutto, è considerata un’ipotesi remota, una non-condizione. Figuriamoci se l’Intelligenza Artificiale non potrà creare presto altri noi che possono sopravvivere proprio a noi stessi. Prima o poi, avremo un farmaco o un’applicazione miracolosi che guariranno ogni male. E quindi avrà senso ancora celebrare la Pasqua? O già viviamo in una dimensione post-pasquale? I riti dal Giovedì Santo alla Domenica di Pasqua cosa ci dicono? È drammatizzazione, folclore, abitudine? Non c’è nessun video su TikTok o Youtube che può farci un riassunto, che eviti la fatica della partecipazione, dell’impegno, dell’introspezione, del credere?
Oltre la cioccolata al latte o fondente delle uova, le colombe con o senza canditi, riusciamo a recuperare uno spazio per sintonizzarci sul valore della Risurrezione? Potremo capirne la portata, la possibilità che ci offre e anche la libertà di assumerla come centro della vita cristiana e quindi della nostra? I racconti delle celebrazioni pasquali in missione mostrano sempre il volto giovane della chiesa, la gioia dei catecumeni, la festa di popoli abituati a vivere con la morte come compagna di cammino. Eppure, quell’entusiasmo potrebbe insegnarci ad essere meno tristi, meno abitudinari, più attori che spettatori. Basta farsi coinvolgere, basta saper coinvolgere. Buona Pasqua!          



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