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Parrocchia missionaria: Vicina alla vita della gente

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A Pentecoste i vescovi italiani hanno pubblicato la Nota pastorale, “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”. Dal punto di vista religioso, il nostro Paese sta cambiando profondamente il suo modo di essere e di vivere. Fino a non molti anni fa era normale che tutti fossero battezzati alla nascita, erano strani i matrimoni civili e i funerali senza prete. Il nostro era un cristianesimo, per così dire, scontato, seguito cioè quasi per forza d’inerzia, un cristianesimo sociologico. Dire italiano e dire cattolico erano sinonimi.

La fede è una scelta

Oggi non è più così sicuro. Anche la vita parrocchiale ne subisce il contraccolpo. La popolazione è oggi composta di cristiani e non cristiani; si sposta facilmente, sradicandosi dalla comunità cristiana d’origine; partecipa alla Messa là dove si trova quella domenica oppure in quella comunità che meglio risponde alle proprie attese. In questo nuovo contesto, la fede cristiana, che pure in passato subiva i suoi alti e bassi, non è più così scontata. Meglio, dirà qualcuno.

La fede infatti è una scelta personale, non un destino inevitabile. La parrocchia oggi fa fatica a svolgere la sua missione. In realtà, più che una comunità, è spesso sentita come una stazione di servizio dove si va per fare le pratiche o avere i sacramenti, quando uno ne ha bisogno. Al massimo essa diventa un luogo di socializzazione e di incontro per i cristiani praticanti.

Risvegliare la parrocchia

Ma in questo modo, la parrocchia non è più uno strumento di evangelizzazione rivolto a quelli che non conoscono ancora il vangelo; non è più una comunità del popolo missionario di Cristo, cui compete di annunciare le opere meravigliose di Dio che ci ha chiamati dalla tenebra alla luce della fede (cfr 1 Pt 2,9).

Questo è ciò che la Nota pastorale dei vescovi italiani si prefigge: riportare la parrocchia ad essere la “forma storica privilegiata” della chiesa locale, una sua cellula vivente, per sua natura missionaria. Come la chiesa, anche la parrocchia è stata pensata come lo strumento dell’evangelizzazione, per comunicare al mondo il vangelo della risurrezione. La parrocchia deve ritornare a fare il “primo annuncio”, a farlo da persona a persona.

Prima bisogna dirglielo

“Non si può più dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il vangelo, che si abbia qualche esperienza di chiesa”. È ormai ora che la parrocchia non faccia solo catechesi, ma evangelizzazione; che impegni più persone e più mezzi nell’annunciare il vangelo piuttosto che nello spiegarlo. Non si spiega infatti a nessuno quello che ancora non sa! Prima bisogna dirglielo.

Nessuno nega l’importanza e i meriti della catechesi e dei catechisti, ma quando sul territorio della parrocchia ci sono ancora “persone non battezzate che domandano di diventare cristiane”, oppure cristiani (soprattutto giovani) “nati in famiglie in cui si è consumato un distacco netto dalla fede”, oppure cristiani il cui battesimo è restato senza risposta e che vivono lontani dalla chiesa, oppure cristiani (e sono tanti) la cui fede è “rimasta allo stadio della prima formazione cristiana”, allora bisogna ricominciare da capo. Senza dir nulla di quei non cristiani che vivono, sempre più numerosi, tra di noi e ai quali dobbiamo la nostra testimonianza.

Una chiesa accogliente

I vescovi, con coraggio, si domandano se le parrocchie “sono attrezzate per ascoltare le attese e i bisogni della gente” e auspicano che essa sia oggetto di un rinnovamento profondo. La parrocchia, come la chiesa, dovrà essere sempre più profondamente radicata nel territorio e nell’esperienza dei suoi abitanti; dovrà essere immagine di una chiesa “vicina alla vita della gente”; una chiesa “semplice e umile”, ma portatrice di una proposta evangelica forte e coraggiosa; una “chiesa di popolo” che accoglie tutti, senza distinzioni, rispondendo alle attese di oggi e non solo al bisogno di sagre e di feste popolari. Ci vorranno anche nuovi ministeri laici di tipo missionario, che vadano verso coloro che hanno bisogno di nuova evangelizzazione.

L’antenna che rilancia

Così, la parrocchia ritroverà “un orizzonte più spiccatamente missionario”; non esisterà cioè in funzione solo dei cristiani praticanti, ma sarà come un’antenna rivolta ai lontani, a quelli che ancora attendono la luce e la forza del vangelo. Voi, amici dei missionari, dovreste sentire questa missione come la vostra, in sintonia con i missionari che hanno avuto questo dono dallo Spirito e si sono messi sulla strade del mondo.

Sarebbe infatti un guaio se le comunità da cui provengono i missionari non fossero altrettanto missionarie.



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