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Papà Vittorio Ughetto: Capace di amare e perdonare

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Mamma Tecla e il giovane Enrico erano in chiesa molto prima dell'inizio. Davanti al grande altare della chiesa Sant'Elena, a Milano, hanno accolto l'abbraccio dei parrocchiani, familiari e amici. Tra loro, i numerosi padri e studenti saveriani, venuti da Ancona, Brescia, Desio, Parma, Parigi.

Tanti abbracci, tante emozioni; poche parole e molti gesti d'affetto. Poi il grande portone della chiesa si è aperto; l'organo ha lanciato le note del "Canto d'amore"; tutti si sono alzati in piedi, per accogliere la bara, ricoperta di fiori primaverili, accompagnata dal figlio missionario.

Messa in rito ambrosiano

Il signor Vittorio Ughetto, sposo di Tecla e papà di p. Mario e di Enrico, è già nelle braccia del Padre. Deceduto il 13 aprile, dopo sofferenze e cure che lasciavano sperare nella ripresa, è ora davanti all'altare con la sua comunità, per la celebrazione dell'Eucaristia di commiato da questa terra.

Presiede la Messa il figlio p. Mario, venuto da Parigi, dove studia lingua francese per andare in Africa, dopo essere stato animatore missionario tra i giovani dell'Italia. Attorno a lui, tanti confratelli saveriani e i sacerdoti don Claudio di S. Giuseppe della Pace (zona Fiera) e don Matteo vice parroco di S. Elena. La Messa è in rito ambrosiano: subito il rito di accoglienza del fedele defunto, con l'aspersione dell'acqua che ricorda il battesimo e con l'incenso della sofferenza, necessaria per risorgere a vita nuova.

Ecco come la sposa e i figli ricordano la persona cara.

La testimonianza dei familiari

"Vittorio nasce a La Spezia il 10 novembre 1940, quinto di 6 figli. Trascorre i primi anni di vita immerso nella guerra, mentre suo padre, ufficiale di Marina, è costretto a spostamenti continui. I pochi ricordi di guerra di Vittorio non sono tristi: quando c'era la sirena, la mamma suonava il piano e i bambini cantavano; poi quando arrivavano gli aerei si scendeva in cantina, dove i vecchi pregavano e i bambini giocavano tra loro.

Nel 1950 si trasferiscono tutti a Genova, dove la famiglia trova finalmente un po' di sicurezza economica. Vittorio continua gli studi di perito radiotecnico. Offre la sua opera in parrocchia, è scout ed educatore dei lupetti. Durante un pellegrinaggio a Lourdes, incontra Tecla, giovane crocerossina di Chiavari. Da allora non ha più tempo per le opere parrocchiali, ma solo per il treno diretto Genova - Chiavari e ritorno. Vittorio e Tecla si sposano nel 1964 e vanno ad abitare a Milano. Dopo sette anni di attesa, nasce Mario e poi Enrico.

Tecla è maestra di scuola materna e Vittorio lavora nel campo dell'informatica per diverse società. Vittorio trasmette la passione dell'informatica anche ai figli, tanto da diventare un lavoro per Enrico, con il quale lui stesso collabora negli ultimi anni, e uno strumento importante per l'animazione missionaria di Mario.

Ha sempre amato donare il suo appoggio, affettivo e fattivo, ai progetti dei figli e anche alle comunità parrocchiali delle quali la famiglia ha fatto parte. Senza avere ruoli di primo piano, si è sempre messo a disposizione, insieme a Tecla, di cui si definiva lo "sguattero", per dare una mano nei piccoli ma essenziali servizi come la cucina, l'accoglienza o l'amministrazione.

Il carattere affettuoso e accogliente lo ha reso un punto di riferimento importante per la sua famiglia nei momenti più difficili. Alcuni nipoti lo sentivano come un "secondo padre".

Nonostante alcuni difetti, come l'eccessivo silenzio nei rapporti tra persone e l'irascibilità, per la quale alcuni amici dicevano che diventava "Vittorio mannaro", quello che di lui ci resta è il suo servizio umile e la sua ostinata voglia di non giudicare gli altri, la sua capacità di amore tenero e fedele, di comprensione e di perdono".

  • Tecla, Mario, Enrico.


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