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P. Riccardo Tobanelli, vita consumata per amore

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Caro Riccardo, sono accanto al tuo feretro e dinanzi ad una folla straripante, per la maggior parte giovani: musulmani, hindu e cristiani. Piangono per la tua improvvisa ed inattesa partenza. La loro commossa presenza qui nel cortile della casa saveriana di Khulna è una chiara testimonianza di quanto la tua azione missionaria sia penetrata nella loro vita. Hanno pregato e pianto come si fa davanti alla salma di un papà.

Non avrei mai immaginato che l’alunno se ne sarebbe andato prima del maestro. Ci siamo incontrati la prima volta a Cremona, in quella che era allora la gremita Scuola Apostolica di via Bonomelli 81. Era il lontano 1969. Tu avevi 14 anni ed io 30. Voi eravate un bello squadrone, 29 in tutto. Provenivate dalla Scuola Apostolica di Brescia e da Alzano Lombardo. Io da Vicenza, dove avevo trascorso i miei primi 4 anni di sacerdozio. A Cremona, insegnavo Italiano e Latino in prima magistrale. Così, per 4 anni abbiamo camminato insieme sul sentiero della vita.

Erano gli anni favolosi successivi al Concilio e si respirava un’aria di risveglio un po’ a tutti i livelli. Nella comunità si era creata una bella atmosfera tra padri e studenti, sotto la spinta illuminata del rettore p. Giovanni Ferrari. In questa “comunità educativa” si programmava e si operava insieme nell’interesse formativo degli studenti. Era tutto un fervore di iniziative in quegli anni. Si organizzavano raccolte di carta e materiale di scarto in città e nei paesi. Si vendeva tutto e il ricavato era destinato a quello che allora era chiamato “Terzo Mondo”, dove operavano i nostri missionari.

E tu, Riccardo, eri sempre in prima fila in questo tipo di iniziative. Un episodio in particolare mi era rimasto impresso. In una di quelle raccolte organizzate nel comune di Vescovato, tu ti trovavi sul furgone ed io ti porgevo il materiale da caricare. Mi era capitato fra le mani un bidone di plastica, che conteneva residui di olio di macchina. Caricandolo un po’ sbadatamente, tu mi hai rovesciato addosso il contenuto e così mi son ritrovato nero in faccia e nei capelli. In seguito, ricordando l’episodio, ci abbiamo riso sopra.

Hanno poi un sapore epocale le marce organizzate a livello nazionale per la pace. Memorabile quella di Firenze del 1972 con la partecipazione del card. Helder Camara e dell’Abbé Pièrre. C’eravamo anche noi tra i 18mila che sfilarono per le vie della città! Poi, ci siamo ritrovati a Borodol, in Bangladesh, nel 1982.

1982-2021: quasi 40 anni di missione! Per raccontarli, non possiamo dimenticare l’amore per gli ultimi, i Dalit, gli “scartati”, come tu li chiamavi, i ragazzi di strada (i tuoi “Tokai”). Hai donato e consumato la tua vita per loro. Avevi già fatto il biglietto di rientro in Italia, per dare una sistematina alla tua salute. E, in questi primi giorni di maggio di tremendo caldo tropicale, con la tua jeep avevi percorso da nord a sud il Bangladesh, dove erano presenti le tue opere e la tua gente per sistemare ogni cosa prima della tua partenza. Forse, è stato questo tuo strapazzo a provocare il tracollo.

Il tuo amore per i poveri si coniugava con quel senso profondo di giustizia proclamato e difeso. Per la realizzazione delle tue opere a sfondo sociale, le regole della comunità saveriana ti stavano troppo strette e tu spesso ne sei saltato fuori convinto che l’amore per il prossimo non può subire restrizioni. Il Signore della vita, in cui hai creduto e per il quale ti sei donato senza riserve, ti accolga nel suo Regno. Aspettaci e intanto prega per noi e per i tuoi Tokai.



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