P. Lanaro: "Pace in terra agli uomini"
In attesa dell'ultimo kamikaze ...
Puntualmente, a mezzanotte del 25 dicembre, dall'altare è risuonato l'augurio natalizio. Un tempo, forse lontano, la colomba della pace attraversava a volo la navata gremita di fedeli entusiasti e proseguiva il suo viaggio sulla terra, alla ricerca di cuori in attesa, felici di accoglierlo.
Per non finire in uno spot!
Quest'anno, le sue ali erano intorpidite per il gelo che saliva dalla folla anonima e distratta, giunta per la celebrazione tradizionale e impaziente di tornarsene a casa. Non ha osato avventurarsi nella città illuminata a festa, per timore di finire prigioniera in qualche immondo spot pubblicitario, al servizio di uno fra i tanti business che scandiscono la nostra esistenza.
La liturgia continua a prevedere, a Natale e ogni domenica, l'annuncio solenne della "gloria a Dio" e della "pace in terra". Ma chi ci crede ancora? Chi fra noi, in quei momenti, sente vibrare il cuore al ricordo di quella grande promessa, che risuonò sulle colline di Betlemme?
Un incontro inaspettato
Ripenso alla veglia natalizia del 1973, in Burundi, un anno dopo i massacri che avevano insanguinato il Paese. Ero partito in jeep verso una chiesa sperduta fra le montagne, dove mio fratello p. Alberto era andato a celebrare la festa. Volevo, in quella notte, fargli i soliti auguri di Natale.
Improvvisamente, fra le erbe della savana, scorsi alcune ombre che venivano verso di me agitando la lancia e il kalashnikov. Scesi dalla macchina. Subito riconobbi Nicola, il direttore della scuola, e alcuni funzionari del comune. Rinfrancato, tesi loro la mano sorridendo.
- "Cosa fai sulla strada, a quest'ora?", mi chiesero affannati. - "Sono andato a fare gli auguri a mio fratello", risposi. - "Quali auguri?", incalzarono stupiti. Allora intonai "Gloria in excelsis Deo ... ", e così si rasserenarono.
Ci salutammo da buoni amici, e io rientrai a casa per riposare, mentre essi scomparivano nell'oscurità, a spiare i movimenti di probabili nemici.
Le sponde del Mediterraneo
Stanotte, sull'altra sponda del Mediterraneo, migliaia di esseri umani, i disperati del mare, aspettano con ansia il momento giusto per salire a bordo del rottame galleggiante e tentare la sorte. Per alcuni significherà scomparire in acqua o essere respinti indietro; per altri l’arrivo sulla terra sognata, dove iniziare una vita diversa, forse.
Più lontano, nel continente abbandonato dell'Africa, milioni di fratelli e sorelle stanno cercando di sopravvivere, nelle foreste o nei campi recintati, dove sono ammassate le vittime di tante guerre che non finiscono.
Nel vicino Oriente, gli abitanti attendono con ansia l' esplosione di un'ultima bomba o l'arrivo di un kamikaze impazzito, deciso ad ammazzarsi e ammazzare, nel nome di Dio. Di quale Dio?
Sperare nella pace
Il messaggio di pace risuona sempre più fioco nell'imperversare delle voci assordanti che assediano le nostre orecchie. Nasce in molti di noi la tentazione di abbandonare ogni impegno, di rassegnarci ad attendere l'inevitabile.
Viene da chiederci: ha senso continuare a sognare un mondo nuovo? Hanno un avvenire gli sforzi per cambiare rotta e risalire la china?
Signore, oggi come ieri, il mondo appare dominato dalle divinità malefiche di sempre. Signore, com'è fragile e incerto questo essere umano, nelle cui mani tremanti hai affidato le sorti del mondo! Un giorno tu scuoterai queste potenze infernali, le farai cadere dal cielo dove si sono insediate. Ma quando accadrà?
Lascia allora che rinnoviamo l'invocazione del profeta: "Da troppo tempo non siamo più il popolo sul quale regni, il popolo che porta il tuo nome. Ma tu, Signore, sei il nostro Padre".
Soltanto sostenuti da te potremo continuare a sperare nella pace e a intonare il cantico di Natale.