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Occasioni per condividere, Un po’ di storia della missione

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Pubblichiamo volentieri questa riflessione missionaria del saveriano pugliese p. Vito Scagliuso.

Quasi tutti gli istituti missionari sono sorti nel 1800, alcuni come profetica espressione delle chiese locali (il Pime di Milano, per esempio), altri con caratteristiche più universali, come i saveriani, i comboniani eccetera. Erano approvati dalla Congregazione di "Propaganda Fide". Gli istituti formavano e inviavano i nuovi apostoli, che si chiamavano proprio missionari apostolici. Sembrava allora che questi istituti sarebbero bastati ad assolvere al comando di Gesù: "Andate in tutto il mondo e annunciate il vangelo a ogni creatura...".

Da "missioni" a diocesi

Oggi sono considerate chiese locali la maggior parte di quelle che un tempo (prima del concilio Vaticano II) venivano chiamate ancora "missioni" gestite dagli ordini e dagli Istituti missionari. Questi istituti sono stati in realtà grandi fucine di apostoli del vangelo e hanno fondato in tutto il mondo comunità di cristiani, sull'esempio dei primi discepoli di Gesù, dei monaci e dei missionari itineranti dei primi secoli della cristianità. Le "missioni" erano affidate agli ordini o istituti missionari che le gestivano, con un mandato specifico di "Propaganda Fide".

Oggi, tutte queste "missioni" sono diventate "chiese locali" o diocesi, con la guida pastorale dei vescovi, organizzati in Conferenze episcopali nazionali. L'ultima "prelatura apostolica" sembra sia stata quella affidata ai saveriani ad Abaetetuba, in Amazzonia, che nel 1958 è diventata "diocesi" autonoma.

Verso la maturità ecclesiale

Ai nostri giorni è convinzione comune che tutta la chiesa sia missionaria e che i cristiani siano tutti missionari, almeno per vocazione. Esistono ancora e sono ancora necessari gli istituti missionari, ma il loro ruolo è diverso. I missionari non sono più fondatori di chiese, ma evangelizzatori a servizio delle varie diocesi nel mondo, soprattutto di quelle più giovani, sotto la guida dei vescovi locali.

Queste giovani chiese cercano di diventare sempre più mature e autonome: formano i loro sacerdoti e laici, costruiscono i luoghi di culto e i seminari, gestiscono opere caritative e promozionali, si prendono cura pastorale delle comunità cristiane, promuovono l'evangelizzazione dei non cristiani. Spesso sono già capaci di inviare sacerdoti e religiosi come missionari in altre nazioni.

Il vero movente è l'amore

La crescita e la maturità delle chiese giovani dipendono anche da noi. Le "giornate missionarie" ci invitano non solo a pregare per i fratelli cristiani di queste nuove chiese e per tutti i popoli chiamati alla salvezza, ma anche a conoscerli e ad essere solidali con loro. Si tratta di realizzare un'autentica e feconda condivisione.

Di ricchezze umane e culturali le chiese giovani ne hanno molte e desiderano condividerle con noi, nelle tante iniziative che le chiese - di qua e di là dei mari - hanno cominciato a inventare per incontrarsi, conoscersi e aiutarsi. I gemellaggi, il volontariato, lo scambio di beni naturali per un commercio equo e solidale, le Onlus che si preoccupano di alcuni bisogni particolari, le visite alle chiese e ai missionari... hanno avuto un ruolo apprezzabile in questo processo di conoscenza e promozione reciproca.

Le lacune e le ambiguità sono ancora molte. Ma se il vero movente è l'amore di Cristo, allora troveremo sicuramente la via giusta e i modi più consoni per testimoniare la condivisione cristiana con tutte le chiese e con tutti i popoli del mondo.



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