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Non solo i missionari, ma tutti

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A una prima lettura del messaggio per la giornata missionaria mondiale che papa Francesco ha mandato quest’anno - anno dedicato alla “vita consacrata” -, si potrebbe pensare che il papa si rivolga ai soli religiosi e alle religiose. In una certa misura è anche vero. Scrive, infatti, che “tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame”.

Quando però si procede nella lettura del messaggio, si capisce che il papa si rivolge a tutti i fedeli, perché “la missione fa parte della grammatica della fede, è qualcosa d’imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito... Chi segue Cristo non può che diventare missionario, perché sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui e sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario”.

Un problema… di cuore

Per prima cosa il papa afferma che la missione è un problema di cuore: “è passione per Gesù Cristo e, nello stesso tempo, passione per la gente”.

Il termine passione indica una forza che dal cuore, in modo irresistibile, spinge la persona ad agire.

La passione per la missione si accende nel cuore quando ci fermiamo a contemplare Gesù crocifisso e sul suo volto leggiamo quell’amore grande, “esagerato”, come lo chiama san Paolo (Ef 2,4), con cui Dio ci ha amato.

L’apertura delle braccia inchiodate e la fenditura del costato di Gesù ci parlano di un amore che si estende a tutto il popolo di Dio e all’umanità intera, mentre una voce ci chiama e ci invita a metterci al servizio di questo amore, per farlo arrivare al popolo di Dio e a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero.

Gesù, infatti, chiama tutti ad annunciare il vangelo con la testimonianza della vita e a raggiungere le periferie della missione, dove ci sono persone alle quali non è ancora arrivato il vangelo.

“Vivere di missione”

Siccome quest’anno si celebra il 50° di Ad gentes, il decreto conciliare sulla “missione”, il papa richiama tutti, e non solo i religiosi e le religiose, alla propria responsabilità missionaria; a tutti, e non solo ai missionari, egli ricorda: “chi, con la grazia di Dio, accoglie la missione, è chiamato a vivere di missione”.

Il papa si rivolge quindi in particolare “ai giovani, che sono ancora capaci di testimonianze coraggiose e d’imprese generose e a volte controcorrente”, per dire loro che “prima di essere un bisogno per coloro che non lo conoscono, l’annuncio del vangelo è una necessità per chi ama il Maestro”.

Chi si sente amato da Gesù trova nella missione la maniera più bella per rispondere al suo invito con altrettanto amore.

Tre aspetti missionari

Nella linea dell’insegnamento conciliare, il papa ricorda infine tre aspetti della missione.

  • Anzitutto che essa deve rivolgersi alla cultura di ogni popolo per salvaguardarne i valori e farli fiorire nella pienezza della fede in quel Dio che Gesù ci ha fatto conoscere e amare. Così la storia dei popoli diventerà una storia di pace e di autentico sviluppo, perché il vangelo con i suoi valori “è luce per le culture e forza trasformante delle medesime”.
  • In secondo luogo, ricorda che i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico sono i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiare (cfr Lc 14,13-14), perché “esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri”. L’evangelizzazione dei poveri è un segno che il regno che Gesù è venuto a portare è giunto fra noi.
  • Infine il papa ricorda che per vivere pienamente la testimonianza cristiana e i segni dell’amore del Padre tra i piccoli e i poveri, coloro che si sono consacrati alla missione devono associare nel servizio della missione i fedeli laici e dare loro spazio. Già il concilio chiedeva ai laici di cooperare “all’opera evangelizzatrice della chiesa, partecipando come testimoni e come vivi strumenti della sua missione salvifica” (Ad gentes, 41).

È il modo migliore

È quindi bene che i missionari si aprano gioiosamente nei confronti di quanti sono disposti a collaborare con loro, anche per un tempo limitato, per un’esperienza sul campo. Sono fratelli e sorelle che desiderano condividere la vocazione missionaria che viene dal battesimo.

La missione infatti è veramente affare di tutti i battezzati; ed è il modo migliore per conservare e alimentare la fede, anche nei nostri paesi cosiddetti cristiani.



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