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Nel Gams come in famiglia

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Ho avuto la fortuna di conoscere i saveriani fin da piccola. Abitavamo in un paese della provincia e i nostri padroni di casa erano molto legati all’Istituto. Mandavano in missione, via nave, le maglie e i mutandoni di lana e immagino che le spedissero in Cina. Erano i primi anni cinquanta.

Inviavano anche delle grosse “micche” di pane che, dopo i lunghi viaggi, arrivavano in briciole. Ma erano sempre bene accette, perché là il pane così bianco non esisteva e quei poveri ragazzi ne soffrivano la mancanza.

Quei lunghi abiti neri

Quando i missionari tornavano dalla missione venivano a visitare gli amici benefattori. Erano ancora vestiti con gli abiti lunghi e neri e a me sembravano persone molto importanti, come lo era il parroco del paese, vestito come loro. Si sedevano tutti attorno alla tavola e loro raccontavano, con il viso che arrossiva per l’emozione. Io ero affascinata e stavo zitta in un angolo, per paura che mi mandassero via.

La mamma era iscritta alla associazione “In Omnibus Christus” da anni e io, bevendo il suo latte, devo aver assorbito anche la sua passione per i missionari.

Nel Gams dagli anni ‘80

A 16 anni siamo venuti ad abitare in città, a una manciata di passi dall’Istituto saveriano. La malattia del papà, la scuola, i primi anni di lavoro e gli amori giovanili mi avevano fatto dimenticare i saveriani, anche se sapevo che la mamma era rimasta fedele.

Poi….un contatto, un incontro, ma niente di importante anche perché mi ero un po’ allontanata. Col tempo è nata l’amicizia con qualche missionario che, in momenti di crisi, mi ha aiutata molto, ma questa è un’altra storia.

Sono entrata a far parte ufficialmente del GAMS (aveva cambiato nel frattempo il nome) spontaneamente, senza essere sollecitata, negli anni ottanta, con assistente p. Carlo Pozzobon e presidente Maria Teresa Tanzi.

Le lettere con i missionari

Non conoscevo ancora a fondo il carisma, lo stile di vita, la spiritualità, ma poco a poco, leggendo e condividendo tanti momenti, ho sentito che poteva diventare anche il mio stile di vita. Nel  frattempo anche la mia fede era diventata più consapevole. Così è nata la mia vocazione missionaria e il mio impegno nel Gams.

In quel tempo attraversavo un momento difficile e mi sono sentita accolta. Quel clima gioioso e sereno mi ha fatto subito stare bene, come in famiglia.

Gli studenti erano, come ora, molto affettuosi con tutte noi e ancora adesso, dopo molti anni, sono rimasta in contatto con tanti di loro, attraverso la corrispondenza epistolare, un’altra mia passione.

Tutto nelle mani del Signore!

Quando i saveriani rientrano in Italia o passano dalla Casa Madre è bello ritrovarsi! La simpatia, l’affetto, la confidenza… dopo qualche minuto sembra di non essersi mai lasciati. 

Molti di loro conoscono la mia cucina, perché ho cominciato ad invitarli, assieme a qualche amica, per delle cene che io chiamo missionarie o anche “cenacoli”. Poi ci sono le Messe con gli studenti, momenti di approfondimento missionario e spirituale, di condivisione fraterna, di festa, oltre a qualche gita assieme per rafforzare l’amicizia. Ogni giorno ringrazio il Signore per il dono ricevuto.

Venendo ad oggi, sarebbe bello realizzare un sogno: portare ventate di novità, di giovinezza. Qualche volta manca la fantasia, il coraggio, la capacità di cambiare, di testimoniare, di voltare pagina. Gli anni, certo, non aiutano, qualche socia ci lascia, qualcuna si stanca…

Ma, guardando alla vita di san Guido che, nonostante le fatiche, le delusioni, le malattie, nei momenti più bui non si è mai scoraggiato e si è sempre fidato, perché preoccuparsi?

Mettiamo tutto nelle mani del Signore! Se Lui vuole, tutto è possibile. Non importa come io vedo il Gams. Mi fido del Signore, lascio che sia Lui a guardarci, a preparare altre strade, a fare altri progetti che, magari, realizzeranno altre persone.



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