Missione impegnativa
Come il Saverio, nel Giappone d’oggi
Chi ci domanda, qual è per noi la missione più impegnativa, pensa sia quella dove c’è una grande povertà da sanare o una situazione di violenza da sopportare... Ma per il missionario la vera difficoltà è là dove è difficile annunziare Cristo, perché la gente non lo cerca o non ne sente il bisogno. In questo senso la missione più impegnativa per noi saveriani è, dopo la Cina, il Giappone. Ci sono stato poco tempo fa, invitato dai confratelli per riflettere sulla Parola di Dio e trarne alimento per la missione. Non era la mia prima visita.
Tuttavia, mai come questa volta, ho sentito quanto sia ardua la missione in Giappone.
Una missione a noi cara
Il Giappone è caro a noi saveriani, perché il primo missionario cristiano a mettervi piede è stato san Francesco Saverio, che vi arrivò il 15 agosto 1549. Vi rimase due anni, affascinato dalla cultura dei giapponesi. Era convinto che vi era un futuro per la chiesa, anche se i frutti immediati non erano molti. Intuendo che per rendere Gesù Cristo accettabile ai giapponesi bisognava annunziarlo prima in Cina, decise di affrontare quell’immenso Paese, che tuttavia poté vedere solo da lontano.
Noi saveriani siamo stati in Cina per più di mezzo secolo e, quando ne siamo stati espulsi, siamo passati in Giappone per continuare idealmente quello che il Saverio non era riuscito a fare. E vi siamo ormai da più di cinquant’anni. È questa la seconda ragione per cui il Giappone ci è molto caro.
Ci costa molto
Ma, come tutte le cose preziose, il Giappone ci costa molto caro. Perché la missione in Giappone non offre risultati immediati. Le comunità cristiane contano in genere solo qualche decina di cristiani; in qualche caso, qualche centinaia. Ma non sono mai comunità dalle dimensioni dell’Africa e dell’America Latina.
Lavorare in Giappone è perciò molto esigente. Difficile è apprendere la lingua; ancora più difficile è varcare la soglia della cultura giapponese, così diversa da quella occidentale. Il Giappone soffre per il suo isolamento passato e, oggi, per quella sorta di incomprensione che colpisce chi ha cercato di costruirsi da solo. Dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale e il disastro della bomba atomica, ha dovuto tirar fuori tutto il suo coraggio per rimontare la china.
Animo gentile e lacerato
Non ha materie prime, ma ha una gran capacità di lavoro e, per questo, ha raggiunto i vertici della produzione e della tecnologia. È uno dei G8, dei paesi più industrializzati del mondo, ma sta pagando questo impegno ciclopico e l’impatto con il mondo moderno con dure lacerazioni sociali e personali. A un aspetto gentile e pacifico, corrisponde un animo forte che non rifiuta la violenza, quando la ritiene necessaria.
La nuova generazione giapponese non ha la resistenza e la determinazione morale di quella che ha costruito il Giappone. Oggi i giovani sono più educati ai diritti che ai doveri e, vittime della secolarizzazione e del consumismo, vivono le contraddizioni di chi cerca e non trova un senso per la propria vita. Ogni anno, già da tanti anni, il numero dei suicidi si aggira sui 30.000, sintomo del disagio di una popolazione che sta tagliando le sue radici morali e la cui vera religione, non è più buddhismo né scintoismo, ma la corsa all’egemonia economica e finanziaria del mondo.
Come ai tempi del Saverio
Evangelizzare un tale ambiente continua a essere una sfida difficile - eppure necessaria - come ai tempi del Saverio! Gesù chiede decisioni radicali. Annunziare il suo vangelo a una cultura che tende ad accogliere tutto e a far coesistere ogni opinione, non è facile. Il numero dei cristiani giapponesi è fermo da anni al 4 per cento. Per questo la Chiesa, che teme di sentirsi straniera a casa propria, ha rivolto la sua attenzione all’ambito sociale, dove la carità cristiana può svolgere quel ruolo di testimonianza che non è concesso alla Parola e dove il nostro intervento è apprezzato e ci attira la simpatia.
Ma per noi missionari rimane la sofferenza di non essere in grado di far accettare Gesù Cristo e la sua salvezza. Ciononostante - e questo è un merito - i missionari continuano a lavorare e a cercare ogni varco possibile per passare la frontiera culturale e religiosa giapponese e trovare nuovi cammini di missione.
Sono convinto che i saveriani stanno facendo onore al nome che portano. La loro testimonianza rimane ammirevole anche in assenza delle grandi cifre.
Gesù ci ha mandati a condividere la fede e ad annunziare il vangelo, senza assicurarci un successo che, lui per primo, non ha avuto!