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Missione famiglia: Vivere bene la domenica

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di: Mario e Egle Sberna.

Domenica, dal latino dies dominica, ossia il giorno del Signore. Da duemila anni, il mondo cristiano si ferma per fare memoria di quel "giorno dopo il sabato" in cui Maria di Magdala e le altre donne, andando al sepolcro, lo trovarono vuoto. Giorno di vittoria sulla morte, e quindi giorno di festa. Ma anche giorno di pausa dal lavoro, e quindi occasione di riposo e riflessione, di preghiera e meditazione. Così dicevamo, almeno da duemila anni.

È fin troppo banale far presente che, da vari anni ormai, la domenica sostituisce lo "stress da lavoro" con lo "stress da divertimento a tutti i costi".... fino ad arrivare, ormai sempre più spesso, all'apertura domenicale dei grandi negozi, e anche di fabbriche e uffici. Così la domenica tende sempre più a identificarsi con gli altri giorni, perlomeno nell'intensità, venendo a mancare quella quiete che dovrebbe permettere riposo e pace.

La gente oggigiorno sembra essere terrorizzata dal silenzio: ha paura di fermarsi a pensare, a riflettere. Da qui la smania di riempire di "cose" anche i giorni di festa. E il carrello del supermercato. Una indagine Istat rivela che gli acquisti di oggetti futili e inutili subiscono un'impennata proprio nei giorni di festa.

Ma questa smania di acquistare non ha evitato la noia e ha portato a uno stordimento collettivo: oggi, nonostante tutti i tentativi per renderla una giornata desiderabile, la domenica è diventata una grande occasione di noia. Perciò quando la chiesa dice, "datevi pensieri e parole diversi per la domenica", non solo fa il suo dovere, ma svolge anche un'opera buona di socializzazione e rende un servizio a tutti gli uomini, non solo ai credenti.

Se siamo cristiani, dobbiamo con forza riproporre la domenica come "settimo giorno", dove tutto si ferma e dove tutto sia, davvero, diverso dagli altri giorni, interamente dedicato all'uomo e non alle sue attività commerciali. Oggi infatti l'organizzazione del tempo è un vero disastro. Per cinque giorni la settimana la città è una bolgia forsennata. Negli altri due pure. E quindi vanno a farsi benedire le relazioni umane.

Dobbiamo avere il coraggio di allentare questa pressione consumistica ossessiva, che incombe sette giorni su sette. E a chi risponde che l'Italia non è una teocrazia e che i cittadini hanno nuove esigenze, non possiamo non ricordare che il mercato è a servizio dell'uomo, e non il contrario. Che chi spinge per l'apertura domenicale dei negozi lo fa per interesse, non per rendere un servizio ai cittadini. Che il giorno di riposo settimanale è stato frutto di una lotta sindacale durissima affinché gli operai, i contadini e le massaie avessero almeno un giorno per riprendere fiato. Che i nostri sprechi li pagano tutti, durissimamente, sulla loro pelle i contadini, le operaie, le tessitrici, i bambini del mondo povero.

Noi cittadini del mondo ricco dobbiamo scoprire una nuova saggezza, portandoci per mano uno con l'altro verso un orientamento dei nostri consumi, verso scelte che privilegino il valore aggiunto di qualità a quello di quantità. Dobbiamo portarci per mano verso la sobrietà.

Ce ne saranno grate anche quelle mamme e quei papà, costretti a servirci dietro a una cassa nei supermercati anche di domenica. Ce ne saranno grati i loro bambini che, finalmente, potranno passare la domenica con i genitori. Ce ne sarà grato il mondo povero, spogliato dalle nostre rapine sistematiche. Ce ne sarà grato il futuro.

Certamente sobrietà è una parola tanto facile da pronunciare quanto difficile da praticare, per le ovvie rinunce che dobbiamo essere in grado di fare a livello personale, famigliare e collettivo. Ma se il nostro futuro non sarà segnato dalla sobrietà, cioè dal consumare meno per consumare tutti, il futuro - semplicemente - non sarà. Pensiamoci, almeno di domenica.



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