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Il Mozambico è uscito otto anni fa da una guerra civile durata più di 16 anni. Molti i morti, tutte le infrastrutture distrutte, le città rase al suolo, le strade e i villaggi disseminati di mine. Tutto quello che i portoghesi avevano costruito (anche se non proprio per fini umanitari) è andato distrutto.

La gente ha sofferto molto e continua ancora a soffrirne le conseguenze.

La stragrande maggioranza vive nella povertà assoluta: agricoltura; la coltivazione maggiore è il miglio, ma tutto dipende dalla situazione atmosferica. Ad anni di siccità si susseguono anni di inondazioni. In questi ultimi due anni le inondazioni hanno distrutto gran parte dei raccolti che garantiscono la sopravvivenza. Attualmente, la parola che più si sente in giro, sulla bocca di tutti è "njala", fame.

poverta I Saveriani sono in Mozambico da tre anni, ci prendiamo cura di tre missioni: Dondo, Chemba e Sena. Dondo è una città, mentre Chemba e Sena sono in piena foresta.

È una zona molto vasta; pensate che da Chemba attualmente stiamo seguendo ben 78 Comunità (in Italia le chiamerebbero parrocchie). Anche Sena, che è stata iniziata da poco, copre una zona molto vasta. Dondo conta quasi 40.000 abitanti. I missionari erano stati espulsi nel 1972 dai portoghesi perché avevano preso posizione contro il Governo coloniale. Così le Comunità cristiane sono rimaste senza assistenza pastorale per 26 anni. Ma lo Spirito di Dio ha lavorato molto, soprattutto durante la lunga guerra civile.

Quando siamo arrivati, alla fine del 1998, abbiamo trovato qui a Chemba una quarantina di Comunità, una più bella dell’altra, organizzate con catechisti e animatori.

Nel campo dell’evangelizzazione, animiamo le Comunità esistenti e cerchiamo di promuoverne di nuove.

Nel campo sociale e culturale, stiamo costruendo la scuola superiore e un collegio, per favorire gli studenti che abitano lontani dalla scuola. Abbiamo inoltre più di cinquanta scuole di alfabetizzazione in altrettante Comunità.

Le mine sono il grave problema per la gente. Molte parti del Mozambico sono minate. Anche le nostre missioni si trovano nelle zone minate.

Ogni tanto si sentono esplosioni: "Buuum!", mine che scoppiano all’improvviso. Allora tutti corrono per vedere se la vittima è una capra o una persona. Quando dobbiamo muoverci e andare da qualche parte, il consiglio è questo: "Andare solo dove qualcuno è già passato; guardare sempre per terra, dove si mettono i piedi".

Sminare. Ma la cosa non è semplice: occorrono attrezzature costose e personale specializzato. Se poi si tratta di specialisti stranieri, allora i costi sono veramente eccessivi. Un modo più veloce e meno costoso è incontrare e impiegare qualche ex combattente che sa compiere la "pulizia" dalle mine. A Sena stiamo procedendo così. I costi sono più accessibili e i risultati abbastanza soddisfacenti.

L’altro grave problema sono le vittime delle mine. Una delle nostre prime preoccupazioni è proprio quella di aiutarle. Le vittime delle mine soffrono soprattutto per non poter più lavorare nelle campagne: con una sola gamba o senza braccia, come si fa a zappare? Di conseguenza, spesso le vittime sono costrette a vivere di elemosina.

Vi chiediamo di aiutarci nel progetto "vittime delle mine", per poter comprare sedie a rotelle e macchine da cucine; collaborare a sminare la zona di Sena e dintorni, pagando il salario degli sminatori locali. Un lavoro pericoloso, rischioso, da fare a sangue freddo e con molta attenzione; uno sminatore è rimunerato con l’equivalente di 300 dollari al mese. Soprattutto dovete dire a tutti che bisogna farla finita con le armi e, soprattutto con le mine. Le mine continuano ad ammazzare persone innocenti, per decenni, anche quando la guerra è finita. È criminale, è disumano continuare con queste armi!

Cari amici, grazie per la vostra amicizia e per la vostra solidarietà. Quel po’ di bene che riusciremo a fare, sarà fatto anche a nome vostro.

  • p. Bruno Boschetti, Mozambico.


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