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La speranza non può morire, In missione... anche la fisarmonica

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In Sierra Leone ho trascorso vent'anni intensi e laboriosi, con la dedizione e la voglia di fare del bene alla gente, usando i pochi e poveri mezzi a disposizione, tra cui anche la musica, la fisarmonica e l'harmonium. Quanto lavoro! E quante soddisfazioni, in mezzo a persone analfabete e bisognose di tutto. Il lavoro da bambino a Cizzago, le privazioni e i sacrifici degli anni del ginnasio e del liceo mi sono serviti molto, come un buon allenamento.

Il vangelo in ogni luogo

Il primo anno l'ho passato nella missione di Kamalu; poi mi hanno trasferito a Kabala con p. Nazzareno Bramati. Lì sono rimasto sette anni e abbiamo costruito la bella chiesa dedicata ai martiri dell'Uganda, con il progetto di un geometra italiano e il lavoro della gente del posto. In seguito, il vescovo mons. Augusto Azzolini mi ha voluto a Makeni come amministratore della diocesi. Successivamente ho lavorato a Lungi, nella casa di accoglienza per i missionari di passaggio, e da lì a Freetown, la capitale.

In tutti i luoghi dove sono passato, finché è stato possibile, mi sono dedicato insieme con gli altri missionari saveriani all'evangelizzazione, con particolare attenzione anche alle scuole e alla promozione sociale.

Una guerra devastante

Non me la sento di tracciare un bilancio della mia attività. Chissà quanti errori ho fatto! In coscienza, però, posso dire di essermi speso per quella povera gente, nonostante i battezzati siano stati pochi. I dieci anni di guerra civile (dal 1991 al 2001) hanno segnato per sempre la mia vita e quella dei miei compagni missionari.

Hanno scritto sui fucili: "La guerra è il mio pane". Si stanno accorgendo del male che si sono fatti! Ora si chiedono: "Perché abbiamo bruciato e devastato le scuole, le cliniche e gli ospedali costruiti dei missionari? Chi ci aiuterà adesso?".

"Dopo dieci anni di guerra non abbiamo guadagnato nulla", hanno scritto sui giornali. Papa Giovanni Paolo II ha affermato: "Nella guerra non ci sono né vinti né vincitori: sono tutti sconfitti... Ogni guerra è una vergogna contro la dignità umana".

La forza per proseguire

Oggi per me e per voi, cari lettori, è un giorno di festa. Ricordiamo chi c'era 50 anni fa e chi non è più con noi: il parroco di allora don Carlo Pollonini, i miei genitori, i fratelli, i coscritti e tanti amici di Cizzago.

Festa significa farci gli auguri di buona salute e di speranza. Se viene meno la speranza, ci si demoralizza, si invecchia male, ci si ricorda solo delle cose non riuscite. La speranza ci dà la forza per proseguire la nostra vita, contenti e convinti che il Signore ci ha voluto tanto bene e ce ne vuole ancora.

La speranza non è morta in Sierra Leone; non deve morire nemmeno in noi.



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