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La solidarietà è efficace - Più dei mega-concerti e dei G8…

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L’estate appena trascorsa è stata caratterizzata da un notevole interesse per l’Africa. Al G8 del 7 luglio scorso a Gleneagles, in Scozia, si è accompagnato il mega-concerto Live 8 che si proponeva di mobilitare masse di folla e richiamare l’attenzione degli otto capi di stato più potenti del mondo in favore dell’Africa e del futuro del pianeta: salvare l’Africa dalla fame e il mondo dal soffocamento dei gas inquinanti. Le intenzioni degli organizzatori di entrambi gli eventi (così si chiamano oggi questo genere di cose, quasi a dire che, una volta passate, sono subito dimenticate), erano certamente buone, anzi ottime.

È la strada più efficace?

In effetti, grazie anche all’impatto emotivo degli orrendi attentati di Londra, alcune risposte da parte del G8 ci sono state: sono stati promessi nuovi finanziamenti per lo sviluppo dei paesi poveri ed è stata confermata la decisione di rimettere il debito per alcuni stati africani. Se queste promesse saranno mantenute, sarà una bella cosa.

Ma credo che abbiamo il diritto e il dovere di chiederci se queste sono le strade più efficaci per far uscire l’Africa dai suoi mali. E se il modo di percorrerle sia quello giusto. I divi della canzone che hanno dato vita al mega-concerto insieme con i loro invitati - tra i quali c’era anche il padrone della Microsoft, la più grande impresa elettronica, l’uomo più ricco del pianeta -, hanno certamente fatto un bel gesto, ma forse non si rendono conto che tutto questo cambia ben poco della situazione dell’Africa.

Stile di vita e solidarietà

Per cambiare bisogna modificare il nostro stile di vita. Chiunque inorridisce di fronte alle tragedie del mondo e affolla i concerti per l’Africa e le marce di protesta, chi inveisce contro i potenti del G8 da Genova fino ad oggi, dovrebbe sapere che non basta gridare contro i potenti della terra. Possono forse da soli cambiare il mondo? Certamente no. Si badi bene che non intendiamo dare a questi potenti un’assoluzione generale, che forse non cercano e certo non meritano, ma dobbiamo riconoscere che essi possono fare poco per il cambiamento del mondo.

Chi ne ha in mano le chiavi siamo noi, gli ottocento milioni di cittadini ricchi del pianeta, il cui tenore di vita esige l’ottanta per cento delle risorse esistenti, lasciando agli altri quattro miliardi il rimanente venti per cento. Ci sembra allora una vuota retorica, oltre che una grave ipocrisia, prendersela con i capi delle nazioni ricche, se noi non siamo, nello stesso tempo, pronti a cambiare il nostro tenore di vita per fare spazio ai poveri. La chiave di soluzione dei problemi dell’Africa sta - occorre dirlo? - in un’autentica solidarietà. E solo dopo potremmo prendercela con la corruzione dei governi africani e con l’insensibilità dei potenti della terra.

Avevano deciso di restare

Per questa ragione preferiamo guardare con speranza alla celebrazione del prossimo 30 settembre. Quel giorno ricorderemo il decimo anniversario del sacrificio di due missionari saveriani, p. Ottorino Maule e p. Aldo Marchiol, e di Catina Gubert, una volontaria laica che lavorava con loro. Sono stati barbaramente massacrati da alcuni militari nella parrocchia di Buyengero, in Burundi. La sera di quel sabato di dieci anni fa, all’ora della cena, essi hanno affrontato la morte per la solidarietà cristiana che li aveva tenuti in mezzo alla gente e li aveva portati a difendere alcune persone inermi, angariate solo perché di un’altra etnia.

Essi non si erano limitati a denunciare l’ingiustizia, a far conoscere qui da noi la situazione in cui erano tenuti quei poveri. Coscienti del rischio che correvano, avevano deciso di restare vicino alla popolazione che soffriva ingiustizia da parte dei propri fratelli, e di rimanere in mezzo al conflitto, amando i fratelli “fino alla fine”, come insegna Gesù (Gv 13,1).

... e io cosa ho fatto?

Queste sono le persone capaci di provocare quei soprassalti di coscienza che ci fanno chiedere: E io che ho fatto per i miei fratelli? A questi martiri, più che alle star della canzone o ai grandi della terra, guardiamo con speranza per fare della “povertà dell’Africa un ricordo del passato”, come diceva una proposta presentata al G8.



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