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Durante i mesi di dicembre 2019 e gennaio 2020, insieme a p. Fabien Kalehezo della Direzione Generale, abbiamo visitato le comunità saveriane in Ciad, Camerun e Burundi. Più che una maratona, si è trattato di un lungo pellegrinaggio nel quale abbiamo visto e toccato con mano la bellezza ma anche le sfide della missione in questi paesi africani.

Siamo stati in 12 comunità e in ogni luogo siamo stati accolti dalle braccia sempre aperte dei confratelli e di tanta gente. Inutile dire che è stata un’esperienza appassionante e anche molto incoraggiante, soprattutto perché siamo stati testimoni della bontà del servizio missionario dei saveriani. Davvero è impossibile che il cuore non si scaldi a vedere certe realtà. Non mi riferisco alla mancanza di missionari, ma soprattutto alla cultura africana di quelle aree, al fascino del deserto, al modo di vivere la religiosità di cui anche il nostro Occidente avrebbe un estremo bisogno. Ho potuto osservare alcuni doni dell’Africa: la giovinezza, la gioia della fede e delle celebrazioni, le famiglie allargate e numerose che inevitabilmente sono una scuola di fraternità, laici, leader locali impegnati nell’animazione della vita cristiana dei gruppi di cristiani.
Nelle loro parole mostravano tanta riconoscenza per la presenza missionaria, per l’attenzione pastorale e anche la richiesta di poter inviare altri missionari.

Tra le numerose comunità visitate qui ne ricordo due in particolare: Bitkine e la Cappella della pace e della misericordia a Bujumbura. Bitkine si trova in Ciad, provincia di Mongo, a circa 400 km dalla capitale Ndjamena e nel deserto del Sahel. L’ambiente è quasi totalmente musulmano, ma ci sono anche alcune etnie più aperte al messaggio cristiano. La missione è stata aperta da pochi mesi (settembre 2019) ed è portata avanti con entusiasmo dai p. Sadono W. Agung (Indonesia), p. Jesús Calero (Spagna) e da p. Antoine Ntabala (dal Congo RD). Ha un’estensione molto ampia; basti pensare che il villaggio più lontano, il cui nome è Melfi, dista 131 chilometri dal centro. In verità, insieme a terra, polvere e sabbia del Sahel, in questi luoghi abbiamo trovato molti elementi di fascino, da un punto di vista umano e anche missionario.

Bitkine è un’esperienza particolare che obbliga a tornare al cuore della fede e della missione, intesa come incontro, dialogo e accoglienza. La composizione interculturale della comunità saveriana (tre confratelli da tre diversi continenti) è il primo segno della verità del progetto di Dio, che cercano di annunciare, e del sogno del Conforti: fare del mondo una sola Famiglia in Cristo. Bitkine è un esempio di come riscoprire la fraternità, una fraternità universale. Continui a essere la nostra missione, a testimonianza dell’unico Signore che, nella Pasqua, vince la morte e ridona vita. Da questa realtà, ma non solo, posso testimoniare che la missione esiste ancora.

La Cappella della pace e della misericordia si trova in Burundi, presso la parrocchia dei saveriani a Kamenge, Bujumbura. Dal gennaio 2015, la casa - che si trova nel terreno della parrocchia - in cui vivevano le tre saveriane Olga, Lucia e Bernardetta, barbaramente uccise il 7 e 8 settembre 2014, è stata trasformata nella Cappella della pace e della misericordia. In questo luogo, a ogni ora del giorno, ci sono persone, giovani e meno giovani, che spendono momenti, anche prolungati, di preghiera. Sembra che l’amore e la preghiera si stiano facendo beffa dell’odio, dell’orrore, della violenza perpetrata esattamente in questo stesso luogo. Qui è ospitato chiunque sia in cerca di riconciliazione, pace e silenzio, mostrando concretamente come perdono e concordia siano la via maestra per rispondere al male col bene.

Tornando a Roma, dopo questo pellegrinaggio africano, meditavo sulla verità del fatto che il “mandato missionario” non appartiene solo ad alcune persone specializzate. I missionari, i laici e le religiose sono la punta di un iceberg che trova le sue fondamenta nella vita di ogni comunità cristiana di ogni parte del mondo. Per questo, continua a essere importante che tutti ci sentiamo parte integrante dell’opera missionaria: la preghiera, il ricordo, l’informazione, il sostegno economico, l’impegno come volontari missionari. Sono tutti piccoli e grandi segni di partecipazione che non dobbiamo trascurare.



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